Amanda Knox torna a parlare dell’Italia, Paese in cui fu detenuta nel periodo in cui era una studentessa, salvo poi essere assolta dalle accuse. Dopo un’intervista rilasciata nei giorni scorsi in un podcast, l’ex studentessa americana assolta per l’omicidio di Meredith Kercher ha affermato sui propri canali social di voler tornare in Italia: non avrebbe “paura di tornare in Italia e di prendere posizione”, ma sarebbe invece “eccitata” all’idea di riabilitare il proprio nome e “ottenere giustizia”.
Knox, oggi madre di due bambini, ha spiegato la ragione dietro a questa sua volontà, supportata dai suoi sostenitori sui social network: “Voglio che mia figlia e mio figlio vedano cosa vuol dire difendere la verità e i propri principi”. Anni fa aveva invece affermato di non essere pronta a tornare in Italia, mentre ora “tutti questi anni dopo, finalmente lo sono”. Sui social Knox è infatti molto amata e conosciuta non tanto per ciò che accadde in Italia, ma per la sua attività di podcaster. Non manca qualche detrattore proprio in virtù della vicenda giudiziaria che la vide coinvolta e che, di tanto in tanto, continua a suscitare interrogativi da parte dell’opinione pubblica, per lo più italiana.
L’1 novembre 2007 la studentessa britannica Meredith Kercher fu trovata uccisa nella casa di via della Pergola a Perugia, in cui abitava con Amanda Knox. Le indagini a un certo punto si concentrarono sia quest’ultima, portando al suo arresto e a quello del fidanzato dell’epoca, Raffaele Sollecito. Entrambi sono stati assolti nel 2015, ma questo ha comunque comportato per loro 4 anni di reclusione per un delitto che, secondo quanto stabilito in tribunale dalla giustizia italiana, non avevano commesso. Per concorso in omicidio fu condannato a 16 anni invece Rudy Guede, rilasciato alla fine del 2021 dopo aver scontato la sua pena.
Tuttavia su Knox, a differenza di Sollecito, pesava un’altra accusa, ovvero quella di aver diffamato Patrick Lumumba, indicato come persona coinvolta nell’omicidio Kercher e dimostratosi completamente estraneo: per questo reato Knox fu condannata a 3 anni di carcere, ma poi ha presentato ricorso in appello nel 2019. I legali della donna hanno richiamato in questo caso una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo proprio del 2019, secondo cui, nel corso dei primi interrogatori con gli inquirenti italiani, i diritti di Knox sarebbero stati violati, poiché la donna non aveva con sé un avvocato e un interprete. Tanto che a ottobre 2023 il tribunale ha riconosciuto la possibilità di un nuovo processo.