Tunnel, pozzi e strade. L’ultimo allarme sulla Cina: “Riprenderà i test nucleari”

Tunnel, pozzi e strade. L'ultimo allarme sulla Cina: "Riprenderà i test nucleari"

Le immagini satellitari mostrerebbero una realtà incontrovertibile. L’area dello Xinjiang conosciuta con il nome di Lop Nur, usata da Pechino per condurre test nucleari dal 1964 al 1996, è più attiva che mai e gli esperti temono che i cinesi abbiano condotto sul posto lavori di espansione in preparazione della ripresa dei test atomici.

“Sin dall’annuncio della sospensione dei test nucleari nel 1996, la Cina ha rispettato la sua promessa e si è impegnata a livello internazionale a difendere la loro proibizione”, rispondeva così il ministero degli Esteri cinese alle notizie diffuse a settembre dalla Cnn la quale rivelava come Pechino, Washington e Mosca avessero intensificato le attività in siti adoperati in passato per testare le loro capacità nucleari. Nel 2020 era stato il Wall Street Journal sulla base di un report del dipartimento di Stato Usa a sostenere che il Paese del dragone potesse eseguire in gran segreto “piccole esplosioni atomiche” nello Xinjiang.

Adesso è il New York Times a rilanciare l’allarme sulla struttura di Lop Nur attraverso nuove prove satellitari dei lavori sospetti eseguiti nel sito cinese scoperte da Renny Babiarz, ex analista dell’intelligence con legami con il Pentagono e professore alla Johns Hopkins University. Anche dopo aver lasciato il lavoro nel governo Babiarz ha continuato ad occuparsi del programma nucleare di Pechino analizzando foto che mostrano i notevoli cambiamenti occorsi nel tempo in quella vasta e remota area della regione autonoma.

Tracce della costruzione di strade, tunnel orizzontali e pozzi verticali, l’aggiunta o la ristrutturazione di decine di edifici. Tutto lascerebbe pensare che stia avvenendo qualcosa di inusuale. “Russi ed americani hanno continuato le attività nei loro siti ma niente a che vedere con questo” afferma Siegfried S. Hecker, ex direttore del laboratorio di armi di Los Alamos. “Tutte le prove vanno nella direzione di quelli che sembrano preparativi per la ripresa di test nucleari da parte della Cina” sostiene Tong Zhao, esperto del Carnegie Endowment for International Peace.

Fu Mao Zedong negli anni Sessanta a voler dotare il Paese di armi nucleari, nonostante le avesse definite “tigri di carta”. Dopo la fine della Guerra Fredda l’interesse di Pechino per il sito di Lop Nur è però calato sensibilmente per poi riprendere vita con l’arrivo al potere di Xi Jinping nel 2013 che ha da allora sviluppato una politica estera più aggressiva rispetto ai suoi predecessori.

Sono 45 i test eseguiti in passato dai cinesi. Un numero che impallidisce rispetto a quelli condotti da altre potenze. La Francia ne ha eseguiti 210, la Russia 715 e gli Stati Uniti 1030. Il trattato per la messa al bando dei test nucleari del 1996 è stato firmato da 187 Paesi ma non è mai entrato in vigore perché la Cina, l’America ed altre sei nazioni non lo hanno mai ratificato. Dopo il 1996 solo India, Pakistan e Corea del Nord hanno condotto test di armi atomiche. Mosca negli scorsi mesi ha revocato la ratifica della Russia dal trattato precisando che non riprenderà a fare test a meno che non lo faccia Washington.

Alcuni esperti ritengono che la Cina potrebbe non essere interessata ad eseguire dei test nucleari in questa fase ma non vorrebbe comunque farsi trovare impreparata qualora altri Paesi dovessero precederla. Un’altra teoria è che Pechino voglia mandare un segnale di avvertimento all’Occidente che cerca di contrastare le sue politiche rispetto a Taiwan e al Mar Cinese Meridionale. Forse le tigri di cui parlava il Grande Timoniere non sono più di carta e potrebbero fare davvero male.

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