Dunque, le riforme, perché no. Del resto, dice Sergio Mattarella, come tutte le costruzioni fatte dall’uomo anche la nostra Repubblica è imperfetta e ogni tanto ci si deve mettere mano. Ma a certe condizioni, e dentro un perimetro preciso. «Dal rispetto della libertà di ciascuno discendono le istituzioni democratiche, l’equilibrio tra i poteri, il ruolo fondamentale del Parlamento e l’imparzialità, che è principio guida della pubblica amministrazione unitamente al suo dovere di efficienza e competenza». Va bene una messa a punto della macchina, un ammodernamento. «Non possiamo trascurare la preoccupante flessione della partecipazione al voto». Uno stravolgimento no. E la parte politica del saluto natalizio del capo dello Stato alle alte cariche finisce qui. Quattro righe scarse affogate in sette lunghe cartelle, un accenno magari pieno di avvisi e significati, però asciutto, quasi distante. Niente partiti, nessun tema caldo nel discorso alla nazione, e questa in un certo senso è una scelta molto politica. Infatti il presidente ha deciso di tenersi il più lontano possibile dal dibattito di Montecitorio: non ha alcuna intenzione di finire frullato nei pastoni delle dichiarazioni quotidiane, di essere usato a supporto di una tesi o dell’altra, di essere considerato il capo dell’opposizione o il Lord Protettore del governo, tanto più ora che con il premierato si comincia a discutere delle prerogative del Quirinale. No grazie, Mattarella interverrà quando sarà il caso e quando la legge avrà fatto un po’ di strada alle Camera. Sarà per questo che nel Salone dei Corazzieri sorride placido mentre Ignazio La Russa, nell’intervento di apertura, chiude il possibile incidente con il Colle, ripetendo quanto «meritoriamente» il presidente abbia usato le sue facoltà.
Si vola più alto quindi, perché si fa presto a dire che vogliamo la libertà: bella, vitale, «irrinunciabile». Qualcuno può mai essere contrario? E la pace, e la democrazia, e la giustizia sociale, chi non è d’accordo con questi concetti base? Ma insomma, avverte il presidente, quello che fino ieri sembrava ovvio, banale, adesso è stato rimesso in discussione. «Nulla può più essere dato per scontato. Mai come in questo tornante della storia dell’umanità il confine tra il bene e il male, tra giustizia e ingiustizia, tra vero e falso dipende dalle nostre scelte, dalla capacità di leggere il cambiamento e di orientarlo». Le guerre, le crisi economiche, le intolleranze, l’antisemitismo. I cambiamenti climatici, la violenza sulle donne, l’evasione fiscale e la corruzione «che tolgono risorse alla società». Da un po’ di tempo il futuro visto dal Colle è oscuro. «Viviamo in un periodo affascinante ma drammatico». Si allargano «i disagi sociali» che «stridono con le gigantesche ricchezze appannaggio di pochi». Mattarella, che non deve aver gradito la passerella italiana concessa ad Elon Musk, mette in guardia pure sui risvolti nascosti dell’intelligenza artificiale. «Bisogna valutare con attenzione gli effetti sul mercato del lavoro». Quanti posti porterà l’automazione? Quanti ne cancellerà? Certo, «non si può rifiutare la nuova tecnologia», tuttavia servirà una «riqualificazione dei lavoratori».