Il pandoro-gate potrebbe essere la prima, vera, pietra sul fenomeno Ferragnez. Il caso ha scavallato i confini italiani, venendo trattato anche dalla BBC: considerando che il pubblico dell’influencer di Cremona è internazionale, il danno reputazionale per lei è enorme. Mettendo tutto in prospettiva, Chiara Ferragni lavora con i brand: sono questi che le permettono di guadagnare i milioni con i post sponsorizzati. Ed è vero che, sebbene ci sia un crollo dei follower sul profilo Instagram dell’influencer, le interazioni sono in aumento: ma quale brand, oggi, vorrebbe legare il suo nome a quello di Ferragni? Eppure, all’interno della sua bolla social, che non è ininfluente, si continua a difenderla e a sottolineare che, dopotutto, ha rimediato al suo errore.
La vicenda sembra essere annacquata nella sua gravità. Al di là della multa, che senz’altro Ferragni pagherà in qualunque misura verrà confermata, e dei possibili sviluppi giudiziari della faccenda, c’è un elemento che viene volutamente omesso da parte di chi la difende. La parte più antipatica di questa vicenda, che è a livello etico e morale, non sono le pratiche commerciali scorrette nei confronti dei consumatori. È il coinvolgimento dei bambini oncologici in un’operazione commerciale che ha portato nelle tasche delle società riconducibili a Ferragni oltre un milione di euro e appena 50mila euro nelle casse dell’ospedale che quei bambini li cura. Lei ora ha annunciato che farà una donazione da un milione di euro a quell’ospedale, ma ciò non può cancellare quanto successo prima. Nemmeno se per fare l’annuncio urbi et orbi si è messa un maglioncino grigio infeltrito che dovrebbe accentuare il suo pentimento. Anzi no, nessun pentimento: è stato un “errore di comunicazione“, che però è iniziato nel 2021 con le uova di Pasqua, quindi replicato nel 2022. Ma ha annunciato la donazione, quindi tutto a posto per la sua bolla.
Giuseppe Cruciani, in un intervento radiofonico nel corso della sua trasmissione “La Zanzara”, ha posto l’accento su un aspetto fondamentale in tal senso: “Fosse stato protagonista un uomo, bianco, eterosessuale, di destra, politicamente scorretto, sarebbe stato già crocifisso“. In queste ore c’è addirittura chi accusa i media e i critici di far violenza psicologica su Ferragni per il semplice fatto di parlare di quanto emerso. Per anni, infatti, l’influencer ha cercato di posizionarsi “dalla parte giusta”, lanciando messaggi femministi, di body positive, inclusivi, politicamente corretti. La sua bolla l’ha identificata in quel segmento e le ha permesso di guadagnare e di crearsi una reputation solida per i brand, senza accorgersi che quel posizionamento era marketing: funzionale a costruire un’immagine precisa del suo personaggio. Ed è sempre andato bene: è stata furba e capace a sfruttare le occasioni. Ma ora che ha coinvolto i bambini oncologici non può e non deve più andare bene, anche se donna, di sinistra e politicamente corretta.