Lo stallo al Congresso americano sugli aiuti militari all’Ucraina comincia a produrre i suoi effetti sul campo. Un alto comandante dell’esercito di Kiev ha confermato infatti alla Reuters i peggiori timori già paventati dai leader della coalizione occidentale. “C’è un problema con le munizioni su tutta la linea del fronte” ammette il generale Oleksandr Tarnavsky il quale afferma che a causa della diminuzione del sostegno da parte degli alleati le quantità di armi a loro disposizione “non sono sufficienti e le stiamo ridistribuendo. Ripianifichiamo compiti che ci eravamo prefissati per ridurli”.
Tarnavsky è il comandante del gruppo operativo delle truppe “Tavria” che nel novembre del 2022 hanno liberato la città di Kherson e il lato occidentale del fiume Dnipro. Il generale si dice ottimista sulla possibilità che le forze ucraine ottengano nuove vittorie ma sottolinea l’importanza del ruolo delle riserve nel garantire nuove energie per l’organizzazione delle operazioni belliche. “In alcune aree abbiamo ripiegato in una posizione di difesa mentre in altre continuiamo azioni offensive. Stiamo preparando le nostre riserve per ulteriori azioni su larga scala” sostiene Tarnavsky che, senza entrare nel dettaglio, segnala carenze di munizioni anche per l’esercito di Vladimir Putin.
Le dichiarazioni del generale arrivano al ventiduesimo mese del conflitto scatenato dall’aggressione russa e dopo la presa d’atto da parte del comandante dell’esercito ucraino Valery Zaluzhny e del presidente Volodymyr Zelensky che la controffensiva lanciata ad inizio estate non ha prodotto i risultati sperati. L’anno scorso Kiev era riuscita a riguadagnare in parte terreno ma nel 2023, anche per la lentezza della fornitura degli equipaggiamenti militari che hanno permesso al nemico di riorganizzarsi, la guerra di movimento si è trasformata in una di attrito e di trincea.
Le cattive notizie per l’Ucraina non si limitano allo stallo prodotto al Senato Usa dagli oltranzisti trumpiani all’interno del partito repubblicano che stanno impedendo all’amministrazione guidata da Joe Biden di destinare 60 miliardi di dollari all’alleato. Negli ultimi giorni una nuova doccia fredda è arrivata infatti dal veto posto dal primo ministro ungherese Viktor Orban su 50 miliardi di euro che l’Unione europea vorrebbe stanziare a favore degli ucraini. La crisi in Medio Oriente non ha aiutato. Le forniture americane dopo l’attacco di Hamas ad Israele sono calate del 30% e, secondo i dati del Kiel Institute riportati dal Corriere della Sera, gli aiuti europei da agosto sono calati del 90% rispetto al 2022.
Intanto Zelensky, che non ha escluso la mobilitazione di mezzo milione di uomini, ha cercato di mantenere viva la speranza di una svolta nel conflitto respingendo le ipotesi di una sconfitta dell’Ucraina pur precisando però di non essere in grado di indicare quando la guerra finirà. L’ex comico ha inoltre annunciato il piano che porterebbe alla produzione di 1 milione di droni nel prossimo anno e una riduzione della spesa governativa e del governo stesso aggiungendo comunque che “se non ci saranno più persone sarà difficile amministrare lo Stato”.
Oltre alla carenza di munizioni e le incognite determinate dalle elezioni presidenziali americane, l’altro grande rischio per Kiev, legato al supporto finanziario degli alleati occidentali, è proprio la prospettiva di un collasso economico del Paese nel 2024. A dirlo è stato il ministro delle Finanze ucraino, Serhiy Marchenko, che in un’intervista a Politico ha lanciato l’allarme su una crisi che sarebbe“molto, molto traumatica non solo per l’Ucraina ma per l’Europa intera”.