Sarà un fronte compatto di governo quello che oggi incontrerà i sindacati per fare luce sulla vertenza dell’ex Ilva, il polo siderurgico controllato da Acciaierie d’Italia (38% Invitalia e 62% Arcelor Mittal). E che il 22 dicembre decreterà il salvataggio in extremis del polo siderurgico ridotto al lumicino. Non solo. A scendere in campo sarà direttamente la premier Giorgia Meloni.
Secondo quanto si apprende da fonti vicine al dossier, venerdì 22 l’assemblea di Acciaiarie d’Italia si svolgerà in parallelo e in collegamento con Palazzo Chigi. Segno che la soluzione finale è dietro l’angolo. Dopo le distanze degli ultimi mesi, dettate dal passaggio del dossier da un ministero all’altro, ora l’Economia con Giancarlo Giorgetti, il ministero delle Imprese con Adolfo Urso e il ministero per gli Affari europei e le politiche del Sud con Raffale Fitto sono allineati per trovare la soluzione. Un epilogo che passerà per la netta presa di distanza dal socio privato, non più considerato strategico e troppo lontano da quel socio pubblico con cui, negli ultimi anni, non sono mancati i problemi di comunicazione. Non per altro, negli ultimi giorni, il socio pubblico Invitalia sarebbe passato dalle parole ai fatti replicando con un documento formale, punto per punto, alla memoria di 12 pagine presentata da Arcelor Mittal nella precedente assemblea. Il documento dei franco-indiani, in sostanza, elencava le mancanze ipotetiche del pubblico, come la formalizzazione sulle risorse per la decarbonizzazione del sito di Taranto.
Uno scontro formale e sostanziale che al momento non è ancora arrivato in tribunale, possibilità che tuttavia ambienti di Arcelor ritengono improbabile. Ma che esplicita di fatto di fatto l’incolmabile distanza tra i due soci che non possono più convivere e che i continui cambi di governo e di governance (con il passaggio da Arcuri a Mattarella al vertice di Invitalia nel giugno 2022) non hanno aiutato.
Così, il copione che andrà in scena nei prossimi giorni dovrebbe prevedere la salita in maggioranza di Invitalia, rispetto alla scadenza del maggio 2024, convertendo i 680 milioni di prestito obbligazionario: una linea che era già stata prospettata da Urso durante il vertice ministeriale del 19 gennaio scorso. Poi un doppio aumento di capitale, in due tappe, per 1 miliardo totale: servono almeno 320-380 milioni per scongiurare il blocco della fornitura di gas e far fronte alle esigenze più immediate.
E mentre in Italia va in scena l’ennesima querelle sul destino di quello che è considerato come un baluardo della siderurgia italiana, dall’altra parte dell’Oceano il risiko di settore è partito facendo apparire, soprattutto nei numeri, la vicenda Ilva come un piccolo affare di Paese: Nippon Steel ha acquistato la U.S. Steel per 14,1 miliardi di dollari. Il colosso americano e quello giapponese daranno vita a una società dell’acciaio globale da 90 milioni di tonnellate l’anno.