L’americana Tesla? Un costruttore cinese? Ma c’è anche la volontà manifestata da Dr Automobiles, che fa capo a Massimo Di Risio, di assemblare i modelli del gruppo completamente in Italia servendosi di componenti cinesi (da Chery, Baic e Jac) e italiani. In questo momento i veicoli arrivano a Macchia d’Isernia dalla Cina, chiavi in mano, per essere adattati nel polo molisano alle esigenze dei mercati occidentali.
Nello scenario automotive italiano irrompe, dunque, un nuovo «toto-investitore». A scatenare la caccia al nome di chi – Dr Automobiles a parte – accetterebbe la scommessa sull’Italia, come base produttiva di veicoli per l’Europa, sono state le parole che Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, ha pronunciato intervenendo ad Atreju, la Festa di Fratelli d’Italia. «Stiamo lavorando per aprire le porte ad altri due o tre produttori esteri di veicoli», ha affermato.
A questo punto, al milione di automezzi, tra vetture e furgoni, auspicati per i prossimi anni in uscita dagli stabilimenti di Stellantis in Italia, la visione di Urso prevede un’aggiunta di altre 300-400mila unità prodotte da costruttori terzi. Ma chi sarebbe interessato a produrre in questo Paese? Si sa solo che ci sono «contatti in corso» e «punti di concretezza», come sostiene una fonte. Massimo il riserbo sui nomi. C’e chi parla di Tesla, legando la presenza del suo fondatore Elon Musk ad Atreju, con tanto di intervista realizzata da Nicola Porro, vicedirettore de il Giornale, e il precedente incontro di giugno con il premier Giorgia Meloni.
Il tycoon, è risaputo, dopo quello in Germania, e alla ricerca di un altro Paese europeo dove installare il secondo impianto. E ne ha già parlato con Francia e Spagna, il concorrente più temibile per l’Italia soprattutto per i costi dell’energia. Poi c’è chi sposta l’attenzione su un «big» cinese da definire, mentre secondo alcuni esisterebbe una lista nel cassetto della scrivania di Urso con nomi del calibro di Toyota e Volkswagen. È da ricordare che nei piani del governo c’è la rimodulazione degli incentivi (per circa 6 miliardi) al settore automotive che si propone di stimolare, allo scopo di rafforzare la produzione nel Paese, l’acquisto di veicoli sfornati in Italia, con la conseguente promozione dell’insediamento di altre Case a beneficio della filiera tutta.
Da parte di Dr Automobiles, intanto, grazie al Pnrr si prevede l’ampliamento, pro «made in Italy», dell’attuale sito che occupa circa 500 persone. Parte, infine, l’insediamento dei cinque gruppi di lavoro tecnici del «Tavolo Sviluppo Automotive». Oggi tocca a «Volumi produttivi e mercato» e «Competitività ed efficientamento degli stabilimenti».