Impegni, bordate e lacrime. Meloni infiamma Atreju

Indegna accusa a Meloni malata, Ferragni in trincea e De Luca: quindi, oggi...

Voleva dormire di più, dice. «È domenica mattina, non ho voce, è stata una settimana impossibile, alla fine di un anno impossibile». E invece c’è un orgoglio di destra da rivendicare. Alla festa di Atreju, trentamila persone in estasi, non si vedono saluti romani, nemmeno una croce celtica. Persino l’ospite speciale Abascal, il leader di Vox, smentisce di volere il socialista Sanchez a testa in giù. Questa, dice Giorgia, è la destra di governo. «Non siamo un fuoco di paglia, abbiamo studiato, elaborato un progetto e imboccato la strada giusta». Come quella delle riforme. «Verremo contrastati con ogni mezzo, anche non legittimo. Non saranno colpi bassi e cattiverie a farmi mollare, io non sono più resistente di quanto si aspettano. Non c’è mezzo di liberarsi di me, solo gli italiani con il voto potranno farlo».

Destra dunque, però c’è un’anima forte di centro. «La nostra coalizione esiste da 30 anni non per un incidente della storia, bensì per una condivisione di valori. Voglio ringraziare Silvio Berlusconi per questo». E c’è persino una «citazione di sinistra», Nanni Moretti: «Mi si nota più se vengo o se non vengo? Il fatto che la Schlein abbia rifiutato l’invito e il confronto mi ricorda Ecce Bombo. Cara Elly, puoi pure non partecipare, però non insultare chi ha accettato dimostrando un coraggio che evidentemente a voi difetta».

Sarà pure svociata la Meloni, ma parla per un’ora e attacca tutti. Il Pd. «Pensano di usare il referendum sul premierato per mandarmi via, dicendo Meloni come Renzi. La consultazione non è su di me, è sulla riforma, sul futuro della nazione, per darlo ai cittadini e non ai poteri forti». Chiara Ferragni. Roberto Saviano «che non scrive delle forze dell’ordine perché i camorristi fanno vendere di più e regalano celebrità e un pulpito da New York da cui dare agli italiani lezioni di legalità». Giuseppe Conte. «Con il superbonus, la ristrutturazione gratuita con cui hanno fatto campagna elettorale, ci hanno lasciato un buco di 140 miliardi nel bilancio, la somma che lo Stato spende in un anno per la sanità». Quanto al reddito di cittadinanza tanto voluto dai 5 stelle «lo cancellerei altre mille volte perché è il più grosso regalo ai truffatori». E i sindacati, poi. «Scioperano per il salario minimo e accettano contratti da cinque euro l’ora». Schlein in serata risponde, coi soliti toni da sos democratico, e contesta alla rivale un «comizio di 70 minuti». «Se pensate che tutto questo sia normale per chi è a capo del Governo – sentenzia – non lo è. Forse in Ungheria, non in una vera democrazia»

A «casa» invece tutti bene. La Lega che fa concorrenza a destra? Forza Italia scontenta? Solo invenzioni. Fantasie. «Voglio ringraziare pubblicamente Matteo Salvini e Antonio Tajani. Abbiamo lavorato in concordia e a testa bassa per 14 mesi, che sembrano 14 anni». I risultati, sostiene, si cominciano a vedere. Ad esempio, l’economia. «Lo spread, che avrebbe dovuto spazzarci via in poche settimane, è di 60 punti più basso di quando ci siamo insediati. Abbiamo appena presentato una Finanziaria espansiva che tutela le fasce più deboli. E l’occupazione è aumentata, mentre il precariato è diminuito». Insomma, «stiamo rimettendo le cose a posto senza buttare un centesimo». Certo, non tutto va come dovrebbe, ammette Giorgia. Come sui flussi, che pure è stato un asse portante della campagna elettorale che l’ha portata a Chigi. «So bene che i risultati non sono quelli che ci si attendevano, è chiaramente il fenomeno più complesso che mi sia trovata a gestire. La verità è che non mi interessano le scorciatoie». La Meloni si dice «pronta a pagare un prezzo in termini di consenso per cercare una risposta strutturale al problema». E, fa notare, il governo non sta soffrendo una crisi di popolarità, anzi. Alla gente, spiega, «piacciono le nostre iniziative e le nostre leggi», dalla battaglia contro i rave party ai provvedimenti sulle occupazioni abusive, dalla sicurezza alla lotta alla criminalità organizzata fino al no all’utero in affitto. Applausi dal catino di Atreju. Meno convinti forse quando parla di Europa e ricorda l’impegno per l’Ucraina «dove è in gioco il nostro interesse nazionale». Avanti tutta «io ci metto la faccia, non compro consensi: ho le scarpe infangate ma le mani pulite e la schiena dritta». E poi insieme ai giovani si commuove.

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