Il verdetto è severo, restano gli interrogativi

Il verdetto è severo, restano gli interrogativi

Buona la terza. Dopo i due processi a vuoto contro i cardinali George Pell e Philippe Barbarin, il Vaticano non poteva essere smentito per la terza volta. E dunque il cardinale Angelo Becciu paga un prezzo altissimo per la sua culpa in vigilando su decisioni non sue con un reato oltraggioso, il peculato. Perché l’investimento su Sloane Square di 200 milioni di dollari che la sentenza gli contesta era stato deciso dai suoi predecessori ma da lui deliberato. Fa ridere che neanche un centesimo dei 125mila euro a disposizione della Diocesi di Ozieri versati dalla Segreteria di Stato sia finito in tasca al fratello di monsignor Becciu, Antonino. «Pur essendo di per sé lecito lo scopo finale delle somme» (la costruzione di un forno per aiutare ex galeotti e famiglie in difficoltà), per la corte la sola erogazione di fondi costituirebbe un illecito sia sotto il profilo penale (articolo 176 sull’interesse privato in atti di ufficio, anche tramite interposta persona) sia con quanto previsto dal canone 1298 del Codice di diritto canonico che vieta «l’alienazione di beni pubblici ecclesiastici ai parenti entro il quarto grado». Quanto ai 575mila per la liberazione della suora colombiana in Mali pagati da Becciu all’esperta di intelligence, il Tribunale presieduto da Giuseppe Pignatone non ha creduto alla finalità umanitaria della dazione di denaro (confermata anche dal Papa) visto che una buona parte sarebbe stata spesa per motivi molti meno nobili. In chi ha seguito il procedimento resta l’amarezza per Becciu, del tutto estraneo alla mala gestio dell’obolo e vittima designata di una macchinazione orchestrata da personaggi ben noti nei corridoi vaticani, la cui colpa principale è essere l’ultimo custode dei segreti di Papa Benedetto XVI. Quando si tratta di malagiustizia il Tevere sembra molto più stretto di quanto non sia: l’impreparazione del Promotore di Giustizia Alessandro Diddi e l’acredine a volte ingiustificata del Tribunale nei confronti di Becciu e dei suoi familiari (per tacere delle inverosimili accuse ai suoi legali), mescolate a furbizie e omissioni ad hoc, hanno inquinato la verità processuale, rendendo questo verdetto incompleto e claudicante. Buono per crocifiggere Becciu e salvare la baracca dall’ennesima figuraccia, non certo per restituire al mondo l’immagine di una Santa Sede ripulita dal marcio. Succede quando il fumus persecutionis all’incenso si mescola con le troppe bugie allo zolfo. Che non fanno certo il gioco della Chiesa.

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