Israele e i fondi segreti di Hamas: così il Mossad svelò le mosse dei terroristi

Israele e i fondi segreti di Hamas: così il Mossad svelò le mosse dei terroristi

Quanto era inevitabile la strage di Hamas del 7 ottobre? Nuove indiscrezioni pubblicate dalla stampa americana mostrano che, oltre al fallimento dell’intelligence più grave degli ultimi 50 anni, un’altra débâcle di portata storica avrebbe riguardato il mancato blocco delle fonti segrete di finanziamento del movimento islamista. Un flusso di denaro nell’ordine di centinaia di milioni di dollari che, se fermato, avrebbe potuto impedire la preparazione degli attacchi contro Israele.

Secondo il New York Times nel 2018 gli 007 israeliani avevano messo a segno un colpo clamoroso recuperando da un computer di un dirigente di Hamas documenti che svelavano la provenienza dei fondi segreti del gruppo islamista. Dai registri contabili rinvenuti emergeva infatti come l’organizzazione terroristica controllasse, tra le altre, aziende legate all’allevamento di polli e alla costruzione di strade in Sudan e possedesse grattacieli negli Emirati Arabi Uniti, una società di costruzioni in Algeria e il fondo immobiliare turco quotato in borsa Trend GYO.

Le attività finanziarie di Hamas sono nel mirino dei servizi di sicurezza d’Israele almeno dal 2015. A guidare le indagini era la “Task Force Arpione” composta da 007, militari, agenti di polizia, contabili e legali e poteva contare su un’unità all’interno del Mossad pronta ad agire sotto copertura sulla base dei dati raccolti.“Non c’erano rivalità. Nessuno si prendeva il merito del successo di un’operazione. Funzionava e basta” dichiara al New York Times Tamir Pardo, l’allora capo dei servizi segreti israeliani, aggiungendo che il team Arpione era “uno dei più importanti strumenti del Mossad”.

Anche dopo lo smantellamento della squadra d’élite nel 2016, il lavoro delle spie è continuato sino alla scoperta due anni più tardi del registro segreto contenente ricavi e valutazioni di attività economiche riconducibili al movimento islamista in diversi Paesi tra cui l’Arabia Saudita, il Sudan e la Turchia. Non è chiaro se i dati finanziari siano stati recuperati tramite un attacco hacker o un informatore. “Fu una grande svolta. Hamas poteva nascondersi dietro prestanome e azionisti ma il denaro parla sempre conferma una fonte anonima al quotidiano americano.

Gli agenti del Mossad condivisero con il loro governo e con quello degli Stati Uniti le informazioni rinvenute ma nulla accadde. La valutazione compiuta su Hamas dai decisori dello Stato ebraico era che gli islamisti fossero occupati ad amministrare Gaza e non avrebbero avuto interesse ad attaccare Israele. Inoltre, all’epoca della scoperta dei registri il premier Benjamin Netanyahu aveva raggiunto la conclusione che l’organizzazione sunnita, essendo rivale di Fatah, sarebbe stata funzionale ad una politica del divide et impera che allontanava la prospettiva della creazione di uno Stato palestinese arrivando persino a tollerare il suo finanziamento da parte del Qatar.

Nonostante la rilevanza di quanto scoperto, il governo israeliano scelse quindi di ignorare le segnalazioni del Mossad ritenendo che l’Iran fosse la vera minaccia alla sicurezza nazionale. Nel frattempo, decine di milioni di dollari continuavano ad affluire nelle casseforti di Hamas permettendo all’organizzazione islamista di costruire la sua infrastruttura militare e preparare gli attacchi del 7 ottobre. Una nuova accusa che pesa come un macigno su Netanyahu.

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