La sfida della regina dell’Amarone

La sfida della regina dell'Amarone

È stata la prima donna italiana a finire sulla copertina di Wine Spectator. Ora l’autorevole rivista americana torna a parlare di lei e della sua famiglia: gli Allegrini, un mito fra le botti dell’Amarone, si spaccano in due e Marilisa scommette sul suo nome con un’azienda tutta al femminile che porterà avanti con le figlie Carlotta e Caterina.

Marilisa Allegrini, che succede a Verona?

«È un momento di cambiamento, intenso sul piano personale delle emozioni e dei sentimenti, ma il passo ormai è fatto».

Quale passo?

«I miei nipoti, Matteo, Giovanni e Francesco, i tre figli di mio fratello Franco, con la cugina Silvia, figlia dell’altro fratello Walter, continueranno a portare avanti l’azienda di famiglia e la Corte Giara. Con Franco, morto l’anno scorso, avevamo visioni diverse. Ma alla fine si trovava sempre un’intesa. Oggi questo non è più possibile e dopo un periodo burrascoso abbiamo deciso di separarci, ciascuno per la propria strada».

Franco e Walter non ci sono più e la nuova generazione ha fatto le sue scelte. Lei?

«Io rimango a Villa della Torre, a Fumane, dove abbiamo un hotel di lusso immerso nelle vigne e produciamo da qualche anno Valpolicella classico superiore e Amarone; poi mantengo i terreni di Poggio al Tesoro a Bolgheri e di San Polo a Montalcino, dove siamo sbarcati nel 2001 e nel 2007. È un tratto di strada inedito ma all’insegna di tutto quello che ho fatto in questi anni. La produzione dei grandi rossi, fra Veneto e Toscana, e poi l’enoturismo di alto livello. Insomma, il vino come specchio del territorio, anzi il vino e il territorio. Chi viene a Villa della Torre si immerge dentro una civiltà, una storia, vede il Garda e Verona, l’opera e le nostre viti».

Villa della Torre è un sogno rinascimentale, rivisitato dalla mano geniale di Giulio Romano e toccato dai primi capricci del manierismo. Incanto e poesia: potrebbe essere una pagina del Viaggio in Italia di Goethe. Qui è una processione continua di celebrità e personaggi che prendono l’aereo e arrivano dagli Stati Uniti, dalla Cina, dall’Australia.

«Ho iniziato a portare l’Amarone nel mondo nel 1983. Era un vino allora poco conosciuto, stilisticamente difficile da abbinare al cibo di oggi, c’era una certa diffidenza nei confronti dei vini della Valpolicella. Ricordo il primo viaggio, a Zurigo: entro nel più celebre ristorante della città, Baratella, con una bottiglia di Valpolicella e porgo il bicchiere allo chef. Lui assaggia e poi mi dice: Questo noi lo usiamo per condire l’insalata e versa il bicchiere in un vaso».

Quando è arrivato il successo?

«Dopo tanti viaggi e altrettante fatiche. Direi alla fine degli anni Novanta. L’Amarone, naturalmente non solo quello di Allegrini ma tanti altri, ha trovato il posto che gli spettava fra i grandi vini rossi. Ma anche le vigne sono cambiate: il Guyot – con i suoi filari più bassi, gli acini più piccoli e una maggior concentrazione di zuccheri – ha scalzato la più tradizionale pergola».

Adesso?

«Adesso ripartiamo nel segno dell’ospitalità e di una qualità, se possibile, ancora più alta. Ho viaggiato quarant’anni, non so quante volte ho fatto il giro del globo, adesso mi fermo e mi concentro sui nostri progetti. Negli ultimi anni, a partire dal 2010, abbiamo investito sul vigneto di Villa della Torre, con una produzione di nicchia di Valpolicella classico superiore e Amarone classico. Fra stucchi meravigliosi e fregi fiabeschi abbiamo dieci camere e vogliamo offrire un servizio sempre più importante per i nostri clienti. Poi nel segno di Giulio Romano, che è un po’ il padrone di casa, abbiamo ideato due vini, un Valpolicella e un Lugana che hanno, come etichetta, due sue creazioni sublimi, la Camera dei Giganti e la Camera di Amore e Psiche a Palazzo Te. Ma non ci fermiamo qua».

Che altro avete in mente?

«Strutture ricettive sorgeranno anche a Bolgheri e Montalcino. A Bolgheri siamo più avanti e per la fine del 2024 dovremmo essere pronti. A Montalcino ci vorrà più tempo, l’appuntamento è grossomodo per il 2026».

Farete concorrenza alla vecchia Allegrini?

«Ma no. Anzi, io credo che la forza della Valpolicella sia data proprio dall’avere una pluralità di soggetti che si sono spesi per innalzare la qualità. Insomma, le aziende in qualche modo hanno fatto sistema e l’Amarone ha svoltato nei ristoranti e negli hotel più importanti. Oggi voglio andare avanti su questa strada. Conto di realizzare a Villa della Torre una nuova cantina sul modello degli chateaux francesi, e vorrei offrire ai visitatori emozioni e sensazioni che poi si porteranno a casa, magari con qualche bottiglia. Se prima andavo alla conquista del mondo, ora è il mondo che ci viene a trovare. E mi piace l’idea di essere in tre situazioni che fanno un po’ la storia del vino: la Valpolicella, che rappresenta la mia infanzia e la mia giovinezza, Bolgheri di cui mi sono innamorata nel 2001 e Montalcino che ho amato, se posso, con un amore più riflessivo, a partire dal 2007. Volto pagina: comincia una nuova sfida».

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