Mou è uno «special one» anche in fatto di cambio d’umore: passa dalla risata al pianto a favore di telecamera con la velocità di un ghepardo. Che se la cava sempre alla grande. Come ieri, quando per le parole «ingiuriose» contro l’arbitro Marcenaro e il calciatore Berardi pronunciate nel pre-gara di Sassuolo-Roma, ha rimediato dalla procura della Figc solo una multa da 20 mila euro; grazie al patteggiamento, nessuna squalifica. Verdetto più che soft.
E due sere fa? Lo abbiamo visto José singhiozzante dichiarare di «essere entrati nella storia» solo perché la Roma, battendo 3 a 0 lo Sheriff (squadra senza neppure una stella…), si giocherà ai playoff la prosecuzione dell’avventura in Europa League. Lucciconi e paroloni («impresa immensa») forse esagerati per il futuro spareggio in una competizione che non è certo la Champions. Ma tant’è. Con Mou tutto fa spettacolo e se nello show è contemplata una «spontanea» commozione, la sceneggiata viene meglio. E l’audience schizza alle stelle, passando dalla curva sud.
Ma l’uomo di Setubal è recidivo. Ricordate l’abbraccio con Marco Materazzi nel sotterraneo del Bernabeu mentre lui, il demiurgo del Triplete, stava per sparire nell’auto che lo avrebbe portato lontano dall’amata Inter fresca di vittoria sul Bayern Monaco?
Era il 22 maggio 2010, 13 anni fa, ma le gote del portoghese – quando l’occasione mediatica è favorevole – tornano sempre a rigarsi di stille melanconiche. Perfino a costo di rubare la scena a chi come Niccolò Pisilli, 19 anni, versa lacrime per il suo primo sogno travestito da gol.
Ma il portoghese non fa sconti a nessuno e gli scippa l’esclusiva delle lacrime: «Negli spogliatoi sono fuggito, stavo per piangere anch’io». Si è trattenuto poco, giusto il tempo di fiondarsi con le palpebre tremolanti davanti alle tv. Il dubbio resta: emotività o strategia?
Ma il mondo del football è ricco di pianti dalle genesi più disparate: da quello rabbioso di Maradona al momento dell’inno nazionale argentino nella finale dell’Olimpico contro la Germania ai mondiali di Italia ’90, ai singhiozzi disperati di Ronaldo quando sempre all’Olimpico il 5 maggio 2002 la sconfitta (4-2) dell’Inter contro la Lazio consegnò lo scudetto alla Juventus.
Ma tra le foto iconiche che flashiano l’accoppiata lacrime-calcio indimenticabile è pure lo scatto che immortala il primo gol del 17enne Pelé: Brasile-Galles, Mondiali del ’58. In quell’edizione trionfale per la nazionale verdeoro il futuro O Rei insaccò altre 5 reti. E a commuoversi fu un intero Paese. Perché, a volte, piangere è bellissimo.