nostro inviato a Bruxelles
Un Consiglio europeo a due velocità, dove passa il via libera ai negoziati per l’ingresso dell’Ucraina nell’Ue ma si arena l’intesa sul bilancio comune, con la revisione del Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 che ottiene il sì di 26 Stati membri ma va a sbattere contro il veto dell’Ungheria e sarà nuovamente discusso in una riunione straordinaria in programma a gennaio. Sullo sfondo, la riforma del Patto di stabilità, con l’accordo che veniva dato per scontato nell’Ecofin in programma in videoconferenza la prossima settimana che sembra allontanarsi. E con il governo italiano che sul punto tiene una linea a due velocità. Nella notte al bar dell’hotel Amigo, infatti, Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron non si sono limitati a un brindisi con vino rosso e bollicine, ma hanno pure parlato della riforma delle regole di bilancio ipotizzando di unire le forze per chiedere formalmente una sospensione di sei mesi del Patto di stabilità. Quindi fino al 31 giugno del 2024, il che avrebbe come conseguenza quella di sterilizzare la procedura d’infrazione per deficit eccessivo a carico dell’Italia (e della Francia che è nella stessa situazione), al momento prevista dopo le elezioni Europee. In caso di sospensione, invece, se ne riparlerebbe in autunno e il dossier sarebbe interamente a carica della nuova Commissione Ue, che a quel punto sarà pienamente operativa.
Ecco perché, dunque, i toni usati da Meloni a Bruxelles sono decisamente più soft di quelli scelti da Giancarlo Giorgetti ospite a Roma della festa di Atreju. Se il ministro dell’Economia arriva a definire l’Europa «un condominio» che è «incapace di decidere» e vede «scarse» possibilità di un accordo la prossima settimana (oltre a criticare il superbonus al 110% che paragona a Chernobyl perché è «radioattivo» e alla morfina perché «andava ridotto subito»), la premier preferisce definirsi «non pessimista». Lo fa, ovviamente, senza grande entusiasmo, ma nel gioco delle sfumature è evidente il tentativo di non drammatizzare la trattativa in corso. Così, quando gli chiedono se l’ipotesi del veto è ancora in campo preferisce evitare una risposta dritta. «Se la mettiamo così, non è un buon modo di cercare delle sintesi con gli altri», si limita a dire. Poi fa anche un piccolo passo in avanti sulla ben nota questione della ratifica del Mes, evitando qualsiasi tipo di aut aut. «Sicuramente – spiega – per noi fa la differenza sapere quale sia il Patto del quale disponiamo, perché gli strumenti si mettono insieme tutti quanti. Ma rispetto al Mes non c’è alcuna dimensione di ricatto, di dire se non fai questo, noi non diamo questo. Nessuno ha mai posto la questione così».
Meloni evita di entrare nel dettaglio dei negoziati e delle cifre su cui si tiene il braccio di ferro in corso tra Francia-Italia da una parte e Germania dell’altra. E ribadisce la linea di Palazzo Chigi. «L’unica cosa che io non posso fare – spiega – è dare il mio ok a un Patto che non io ma nessun governo italiano potrebbe rispettare perché sarebbe ingiusto e non utile per noi». Ed è per questo che sull’asse Parigi-Roma si sta ragionando sull’ipotesi della sospensione. «Sul Patto di stabilità – spiega Meloni – con Macron ci sono diverse convergenze su interessi comuni». E, conferma il presidente francese, sono «in corso» discussioni «con Germania e Italia» per «migliorare» la soluzione di compromesso per la riforma del Patto di stabilità e crescita.
Intanto, da Roma – «in linea con i segnali di una più prolungata debolezza congiunturale» – la Banca d’Italia taglia le stima sul Pil del 2024 a +0,6%, previsione in rialzo a +1,1% nel 2025 e 2026.