“Attenuanti generiche per zio e cugini”: la richiesta della procura sul caso Saman

Tribunale di Reggio Emilia, udienza caso Saman Abbas. Il padre è oscurato perché non vuole essere ripreso

Prosegue il processo per l’omicidio di Saman Abbas, scomparsa a maggio 2021 e ritrovata oltre un anno dopo, cadavere. Per il suo omicidio, fin dall’inizio, il focus è stato messo sulla sua famiglia di origini pakistane, in quanto la ragazza aveva già in passato subito pressioni per il suo desiderio di vivere “all’occidentale”. La famiglia della giovane non era d’accordo con la voglia di libertà della ragazza, che da qualche tempo frequentava un suo coetaneo italiano, e per lei pretendeva una vita secondo i dettami culturali mediorientali. E il rifiuto di questi dettami sarebbe proprio il movente dietro l’omicidio.

Oggi, la procura ha richiesto l’applicazione di una pena con il riconoscimento delle attenuanti generiche per lo zio di Saman Abbas, Danish Hasnain che ha collaborato facendo ritrovare il corpo della giovane. L’uomo era stato arrestato a Parigi, dove aveva cercato rifugio per cercare di sfuggire all’arresto: a incastrarlo sono stati un neo sul viso e, successivamente, le impronte digitali. A convincerlo a testimoniare sarebbe stato un imam. Il riconoscimento delle attenuanti generiche è stato concesso anche per i cugini della vittima, Ikram Ijaz e Nomanulhaq Nomanulhaq, ritenuti succubi del primo e meri esecutori materiali degli ordini. Le accuse erano di sequestro, lesioni e omicidio.

A fronte del riconoscimento delle attenuanti generiche, è stato chiesto un ricalcolo della pena per i tre imputati. Nessuna ammissione di attenuanti, invece, per i genitori della ragazza, per i quali sono stati confermati gli ergastoli. La prossima settimana sono in calendario nuove udienze per il caso di Saman e proprio da parte del padre, martedì, sono attese dichiarazioni spontanee appena prima della sentenza, attesa per la sera stessa. L’uomo è recluso dallo scorso 8 settembre presso il carcere di Reggio Emilia, dopo essere stato estradato dal Pakistan, dove era tornato subito dopo l’omicidio della figlia. A incastrarli definitivamente sarebbe stato proprio lo zio, che in carcere ha dichiarato di aver ucciso la ragazza, oltre che con l’aiuto dei cugini, con il consenso dei genitori.

L’unico membro della famiglia non imputato risulta essere il fratello della vittima, Alì. In un primo momento, a fronte di alcune verità nascoste e bugie, era stato indagato ma successivamente il tribunale dei minori ha deciso per la sua non imputazione, perché “non emergono dalla lettura degli atti di indagine, dagli interrogatori degli imputati e dall’esame di Ali, elementi da cui ipotizzare un suo coinvolgimento nell’omicidio e nella soppressione del cadavere“.

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