Archiviate le modalità dei primi anni Duemila, il terrorismo islamico in Europa ha mutato nettamente le sue modalità d’attacco. Sempre più frequentemente, gli attentati nel cuore del continente sono compiuti da lupi solitari che, tuttavia, hanno profili molto simili: un background ibrido in fatto di ascendenze, hanno subito un processo di radicalizzazione ad un certo punto della loro vita e, molto spesso, sono affetti da diverse sfumature di problematiche psichiche. Il legame con mamma jihad, tuttavia, sembrerebbe essere di volta in volta confermato, anche se labile: lo dimostrano le rivendicazioni che giungono puntuali dopo ogni episodio. Non ultimo, il caso di Abdesalem Lassoued, che lo scorso ottobre freddò due turisti svedesi a Bruxelles. Per ognuno di questi casi, differenti gradienti di influenza jihadista, che opera e prospera nei vuoti personali e politici.
Il legame tra terrorismo islamico e Europa settentrionale
Mutatis mutandis, il nord Europa è da tempo luogo di retate e di tentativi di contenimento del fenomeno. Solo ieri quattro arresti di presunti uomini di Hamas: tre in Germania e uno nei Paesi Bassi. Nelle stesso ore si è svolta anche un’operazione antiterrorismo in Danimarca. Il Mossad israeliano ha ringraziato: “Hamas cerca di estendere le proprie capacità operative nel mondo e in Europa in particolare, nell’intento di colpire obiettivi israeliani, ebraici e occidentali“. La procura generale federale tedesca accusa quattro sospettati di aver cercato di localizzare un deposito di armi dell’organizzazione terroristica palestinese per tenerlo pronto per attacchi contro istituzioni ebraiche in Europa. A Berlino la polizia ha arrestato il cittadino egiziano Mohamed B. e due uomini di origine libanesi, Abdelhamid Al A. e Ibrahim El-R. Il cittadino olandese Nazih R. è stato invece fermato dalla polizia olandese a Rotterdam. Il gruppo sarebbe stato in stretti legami con la leadership del braccio armato di Hamas, le Brigate Ezzedin al-Qassam. Anche l’operazione anti-terrorismo in Danimarca si è rivolta contro una rete ritenuta pronta a colpire, portando ad almeno 3 arresti. Copenhagen ha parlato di un’operazione con legami internazionali e con il crimine organizzato, ma non ha direttamente citato una specifica organizzazione terroristica.
Il caso specifico della Germania: dalla criminalità comune al terrorismo islamico
In merito agli uomini fermati in Germania, secondo la procura tedesca, nel 2023 i leader di Hamas in Libano hanno incaricato uno di loro, Abdelhamid Al A., di localizzare un “deposito di armi in Europa, che l’organizzazione aveva allestito segretamente in passato“. Le armi dovevano essere poi portate a Berlino e tenute pronte in vista di potenziali attacchi. I tre uomini residenti a Berlino avrebbero quindi viaggiato più volte alla ricerca delle armi. Come riporta Dpa, le loro azioni non sarebbero state in diretto collegamento con l’attacco di Hamas contro Israele dello scorso 7 ottobre. Il gruppo sarebbe stato già notato dalle autorità quest’estate.
Secondo quanto riporta Ard, in occasione degli arresti a Berlino sarebbero state perquisite anche cinque abitazioni e un ristorante della capitale. “Il mio ringraziamento va a tutte le persone coinvolte, che con questa indagine di successo hanno contribuito a garantire che gli ebrei in Europa possano continuare a vivere in sicurezza“, ha dichiarato il ministro tedesco della Giustizia, Marco Buschmann, aggiungendo che “dobbiamo fare tutto il possibile per garantire che gli ebrei nel nostro Paese non debbano di nuovo temere per la loro sicurezza“. In tutta l’Europa settentrionale è attenzionata soprattutto la microcriminalità, poichè per molti di questi cani sciolti il “salto di qualità” avviene dal crimine comune verso il terrorismo, dopo una fase più o meno breve di radicalizzazione. Inoltre, il filone tedesco sarebbe in moto già prima della crisi di Gaza: qui, numerose piste porterebbero al Libano, ove non sarebbe da escludere la connivenza con un’ala del movimento palestinese.
Il terrorismo islamico cambia volto: la rete jihadista da Cipro al Sudamerica
La rete del jihadismo internazionale guarda all’Europa, da sempre, con particolare interesse per ragioni storiche, geografiche, sociologiche. Ma agisce come una vera multinazionale del terrore che possiede ramificazioni in ogni luogo d’Europa. Oggi il jihadismo si affaccia, con la complicità iraniana, perfino nel Sudamerica dove è facile comprare silenzi, armi, coperture, esplosivi. Ma come ricorda Guido Olimpio dalle pagine di Corsera, sono le propaggini d’Europa a preoccupare il continente. Sorvegliata speciale l’isola di Cipro, spaccata a metà da una guerra fratricida e che, in questo momento, offre supporto e rifugio ai reclutatori iraniani che cercano belligeranti per le loro cause nella zona occupata da Ankara.
Sta di fatto che, da due mesi questa parte, siamo di fronte a un fenomeno nuovo. Hamas ha sempre evitato di esternalizzare la sua battaglia, questo anche per non compromettere il supporto finanziario dei Paesi che simpatizzano per la causa palestinese attraverso la lotta armata. Oggi, invece, sembrano riproporsi gli anni Ottanta, in cui la lotta fra israeliani e palestinesi si svolgeva nelle città europee, attraverso stragi, dirottamenti, agguati. Sembra ormai un ricordo il metodo kamikaze: è un dato di fatto che questi lupi solitari, seppur radicalizzati, uccidono ma non sono pronti a uccidersi. In questo caos, di cui probabilmente neppure Hamas aveva conoscenza dei corollari possibili, il fenomeno qaedista sembra profittare per inserirsi in aree da cui era stato eradicato e messo sotto pressione.