Show di Briatore sui nodi del turismo: “Basta con la cultura della fregatura”

Show di Briatore sui nodi del turismo: "Basta con la cultura della fregatura"

La carica dei volontari, la forza dei miti e delle figure che hanno illustrato l’Italia, come Oriana Fallaci o Paolo Borsellino, il gusto per la goliardia con il cartonato di Elly Schlein – che ha disertato la manifestazione – che campeggia nel punto stampa.

È il giorno dell’inaugurazione di Atreju, la quattro giorni di Fratelli d’Italia che si concluderà domenica 17 dicembre alla presenza di Giorgia Meloni. E il battesimo di questa edizione vede scendere in campo due ministri come Roberto Calderoli e Daniela Santanchè.

È sul tema del turismo che il confronto diventa più acceso e diretto, grazie alla sortita polemica di Flavio Briatore che certo non usa toni diplomatici per denunciare i problemi di ricettività e la carenza di servizi del nostro Paese.



«Noi dobbiamo avere un turismo che lasci del denaro sul Paese, un turismo ricco lascia indotto, un turismo povero porta via la roba a te» consiglia Briatore. «Dobbiamo pensare che turismo vogliamo e semplificare tutto, gli alberghi devono essere ristrutturati. Abbiamo degli alberghi che fanno schifo in Italia. Io che non vivo in Italia posso dare un giudizio di quello che la gente che non vive in Italia pensa di noi». A detta dell’imprenditore piemontese il nostro Paese sconta una cultura eccessivamente predatoria nei confronti del turista. «L’Italia è il Paese in cui i turisti stanno meno perché li fregano sempre. Abbiamo quella cultura di fregare la gente, tanto dicono questo è arrivato dalla Polonia, viene due giorni e non lo vedo più, il cappuccio invece di 5 euro lo faccio pagare 10 euro, gli do la merda da mangiare, tanto non lo vedo più, vaffan… Quando sono all’estero tutti mi dicono in Italia è fantastico per mangiare ma non ci sono i taxi. Dobbiamo mettere piedi per terra perché non è possibile che uno arrivi a Roma o Milano e stia 3 ore con le valigie e non trovi un taxi. Partiamo dalle cose piccole.



Il risultato è che l’Italia è un Paese buono per mangiare, ma per investire? Non ci penso, un processo civile dura 10-15 anni. Dobbiamo cercare di dare la possibilità a chi investe soldi propri di essere aiutati per creare posti di lavoro». Non si sottrae a una analisi autocritica del nostro approccio al turismo Daniela Santanchè che individua una carenza strutturale: quella della «mancanza dell’orgoglio di appartenenza» dell’Italia. «Se non ci crediamo noi stessi e se non siamo capaci di meravigliarci di quello che abbiamo intorno, non riusciremo a “vendere” il prodotto più facile del mondo cioè la nostra Nazione, il nostro stile di vita, la nostra eleganza, il nostro cibo, la nostra cultura. Sento dire che il turismo è il petrolio d’Italia ma dobbiamo essere consapevoli che c’è ancora tanto da fare».

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