“Ho paura, impazzisce”. La madre massacrata con un peso da palestra

"Ho paura, impazzisce". La madre massacrata con un peso da palestra

Un peso da body builder. È questa l’arma del delitto utilizzata giovedì mattina da Guido Augusto Gervaso Gastone Poggiolini Gobbi Rancilio per colpire la madre Fiorenza alla testa e ucciderla. L’hanno trovata i carabinieri della compagnia Duomo e del nucleo investigativo non lontano dal cadavere della 73enne, cioè in una stanza attigua alla sala da pranzo dell’attico al nono piano di via Crocefisso 6, in pieno centro città, dove la donna abitava e dove si è consumata la tragedia. Il peso sarebbe stato prelevato dal 35enne dalla stanza-palestra della sua abitazione, un appartamento comunicante con quello della mamma, all’ottavo piano. Tra i vari oggetti sequestrati dai militari a casa della vittima e sottoposti al luminol, infatti, solo la superficie del peso e la sua forma sono risultati compatibili con la ferita al volto con cui è stata sfigurata la donna, erede di una importante famiglia di immobiliaristi e filantropi italo-svizzeri.

Al momento dell’aggressione l’uomo avrebbe infierito più volte sulla madre anche se, secondo quanto è riuscito finora a spiegare con grandi difficoltà lui stesso ai medici del Policlinico che lo assistono, all’origine dell’assalto non ci sarebbe stato un vero e proprio movente, bensì un battibecco come tanti altri già avvenuti in precedenza.

«La patologia del paziente è di quelle che i farmaci possono anche controllare senza obbligare i parenti a farlo ricoverare permanentemente in una struttura specialistica. Molte volte funziona e può durare una vita. Ma è anche vero che basta poco per innescare meccanismi di aggressività incontrollabile che possono degenerare in maniera imprevedibile» spiegano ancora i professionisti del Policlinico.

Va sottolineato infatti che Guido Poggiolini Rancilio fino all’altro ieri non aveva mai infierito sulla madre. Da parte sua però sembra che la donna recentemente avesse notato la crescente aggressività del figlio al punto da ammettere con più di una persona (proprio lei, così riservata) di avere «paura» di lui perché, come riportato ieri dal Corriere della Sera, «(…) quando mio figlio Guido impazzisce, spacca tutto».

Il 35enne, accusato di omicidio volontario e difeso dall’avvocato Francesco Isolabella, resta ricoverato in ospedale in stato confusionale (ma le sue condizioni sarebbero in via di miglioramento) dove viene piantonato. E anche se non è ancora stato sentito formalmente, la Procura di Milano avrebbe già inoltrato all’ufficio gip la richiesta di convalida del fermo e di custodia cautelare in carcere, a cui seguiranno l’interrogatorio di garanzia e la decisione del gip. Successivamente potranno essere svolte consulenze o perizie sul suo stato mentale, che influiranno anche sul fatto che Guido Poggiolini Rancilio debba stare in carcere o in un struttura di cura in regime di custodia cautelare.

Intanto, il giorno dopo l’omicidio emergono nuove emozioni e maggiori particolari. Ad esempio sul apporto complesso madre-figlio, reso ulteriormente difficile dalla malattia di lui. Nello stabile di via Crocefisso 6, che oltre alla residenza di Fiorenza Rancilio e del figlio accoglie anche la sede con uffici delle holding di famiglia, non troviamo nessuno disposto a parlarci. Quel che emerge è che il 35enne solo formalmente collaborava con la madre nell’attività di famiglia. «La dottoressa ogni mattina usciva di casa alle 9.30 e veniva in ufficio; il figlio non lo vedevamo anche per lunghi periodi» si sbilancia un dipendente.

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