“Costituzione tradita dalla Consulta”

"Costituzione tradita dalla Consulta"

«Quella sentenza della Corte costituzionale sulle intercettazioni rovescia la Carta, la mette sotto i tacchi. Tanto è vero che Franco Modugno, inizialmente uno dei relatori, non la firma». È mercoledì sera, a Milano si gela ma alle parole dell’ex consigliere della Consulta Nicolò Zanon al teatro Parenti la temperatura crolla di schianto. Nessuno si sarebbe aspettato questa rivelazione choc. Neanche Alessandro Barbano, autore del libro La Gogna sull’incontro all’Hotel Champagne di Roma tra l’8 e il 9 maggio 2019 di cui si discute da mezz’oretta assieme all’ex procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati, Guido Camera e Oscar Giannino.

Come scrive Barbano, secondo le indagini quella sera un gruppo di politici e magistrati, capeggiati da Luca Palamara di Unicost, l’onorevole Cosimo Ferri di Magistratura indipendente e Luca Lotti del Pd, avrebbe congiurato per mettere le mani sulla procura di Roma. Le intercettazioni che dispiegano persino la dialettica interna alla magistratura finiscono sui giornali e sbarrano la strada della Capitale a Marcello Viola (oggi a Milano) con l’inevitabile ok del Colle, innescano la cacciata di Palamara dalla magistratura e epurano i cinque consiglieri del Csm presenti all’incontro galeotto (Luigi Spina, Gianluigi Morlini, Paolo Criscuoli, Antonio Lepre e Corrado Cartoni). Raccontano quello che tutti sanno, che toghe e politiche si spartiscono le nomine, È ancora così, ma nessuno se ne doglia più perché l’odiato Palamara è ai giardinetti.

Lotti è intercettato come Ferri ma non è indagato, chi ascolta sa che i due parlamentari saranno presenti ma il trojan non si spegne, stavolta. Lotti dice che parlerà di questa cosa con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Le orecchie del Gico della Guardia di Finanza, incaricate dal procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, si drizzano. I brogliacci finiscono su Fatto, Repubblica, Corriere della Sera e Verità prima che agli atti ma erano sostanzialmente inutilizzabili anche perché la presunta corruzione a carico di Palamara si sgretola quasi subito. Ma quelle macerie sono la pietra tombale sui partecipanti, ne cancellano ambizioni e carriere. Uno scandalo, come denuncia l’ex direttore del Mattino Barbano nel libro edito da Marsilio. È la più clamorosa violazione del segreto istruttorio che lambisce tutta la catena che governa il delicato meccanismo giudiziario, da Palazzo de’ Marescialli su su fino al Quirinale. Da mercoledì sera il sospetto che anche la Corte costituzionale fosse di fatto complice di questa stortura diventa realtà. Zanon da un mese è fuori dai palazzi del potere. E parla, finalmente, violando il segreto della camera di consiglio.

Cosa dice la sentenza che Zanon maledice? Che basta evitare di iscrivere i parlamentari nel registro degli indagati per poterli intercettare. Invece no, lo dice l’articolo 68, terzo comma, della Costituzione, lo conferma una recentissima sentenza della Consulta che ha dato ragione a Matteo Renzi sul caso Open e i suoi messaggini whatsapp fatti circolare dalla Procura di Firenze. Invece «la Corte costituzionale dice che quella su Lotti e Ferri non è un’autorizzazione mirata, dà ragione al Csm e torto al Parlamento, rovesciando l’onere della prova – insiste Zanon – ma la Costituzione dice che se devi intercettare devi chiedere il permesso, o non lo fai. Qual è il non detto della sentenza? Che se diamo ragione alla Camera e le intercettazioni non sono più valide, a catena i processi disciplinari contro i cinque dell’Hotel Champagne finiscono in nulla». La Corte quindi non poteva smentire né la Cassazione che aveva sollevato il conflitto di attribuzione né il Csm che voleva cacciare i congiurati, ragiona Zanon: «Sono fuori da un mese, non sono diplomatico ma adesso è giusto dire certe cose».

C’è un ulteriore retroscena che conferma la rivelazione di Zanon. Nelle ore precedenti la decisione della Consulta, la giornalista Liana Milella anticipa su Repubblica.it che secondo i rumor la Corte avrebbe dato ragione a Palamara e soci. L’allora presidente della Consulta Silvana Sciarra – oggi in corsa per la Scuola superiore della magistratura, sponsorizzata proprio dalla Milella – smentisce Repubblica. Nel frattempo a Modugno (da qualche giorno vicepresidente della Corte presieduta da Augusto Barbera) subentra Stefano Petitti di Md, una passione da ultrà all’Olimpico per la Roma, e il resto è storia. Una storia che racconta l’ennesima notte della Repubblica. Ancora da (ri)scrivere.

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