Fino ad ora, e chiunque sia diventata mamma lo sa bene, le nause gravidiche sono il “buongiorno della gravidanza” e nel primo trimestre, ne soffrono più di 7 donne su 10, con sintomi spesso lievi curati anche in maniera naturale. Di queste però almeno l’1-2% di loro diventa iperemesi, una grave condizione con vomito persistente che può portare a disidratazione, scompensi elettrolitici e significative perdite di peso, con complicazioni per la donna e il feto. Le nonne raccontavano che queste fossero dovute ai capelli del bambino, ma ora a dare una risposta seria e scientifica, a quella che molte volte rappresenta molto di più di un fastidio, è la scienza.
Cosa si sapeva fino ad ora
Lasciando da parte la saggezza delle nonne, fino a questo momento si ipotizzava che a dare il problema fossero l’aumento degli estrogeni e dell’Hcg, l’ormone placentare che rende positivo il test di gravidanza, ma ora uno studio coordinato e multidisciplinare dell’Università di Cambridge, ha finalmente trovato la causa e un potenziale trattamento preventivo.
Cosa si è invece scoperto
Il “colpevole” di quello definita morning sickness (nausea mattutina) sarebbe un ormone prodotto dal feto, una proteina nota come Gdf15, che entra nel circolo sanguigno e agisce sul cervello della gestante. La “gravità dei sintomi” è legata però ad altri fattori, overo dall’esposizione che la madre ha avvuto a questo ormone prima di rimanere incinta. Minore è stata, peggiori saranno i sintomi. La scoperta è stata pubblicata su Nature che spiega anche come migliorare i sintomi anche in maniera preventiva.
La possibile cura
Sono stati ipotizzati due due modi: il primo è quello di esporre le donne in cerca di gravidanza al Gdf15, per rafforzare la loro resilienza, il secondo è quello di utilizzare un recettore altamente specifico in grado di spegnere il sintomo, da assumere al bisogno. La scoperta di questo meccanismo sarà comunque fondamentale per questo tipo di problematica che, fino ad ora veniva curata in maniera blanda e spesso sbagliata, per il timore di far assumere in gravidanza determinati tipi di farmaci.
L’importanza dello studio
Come accennavamo, si è trattato di una ricerca multidisciplinare che ha coinvolto gli scienziati dell’Università di Cambridge e ricercatori in Scozia, Stati Uniti e Sri Lanka e che ha portato un enorme passo avanti nel ruolo dell’ormone Gdf15, nell’iperemesi gravidica che, dati alla mano, sarebbe la prima casusa di ricovero nel primo trimestre di gravidanza con 3 milioni di pazienti che ne soffrono.
I vari team di ricerca hanno preso in esame le cartelle cliniche delle partorienti del Rosie Maternity Hospital, che è parte del Cambridge University Hospitals Nhs Foundation Trust, e del Peterborough City Hospital, e utilizzando una combinazione di approcci come la genetica umana, nuovi modi di misurare gli ormoni nel sangue delle donne incinte e studi su cellule umane e cavie, ha dimostrato la correlazione fra la quantità di Gdf15 che dalla placenta s’immette nel flusso sanguigno materno e la sensibilità della donna all’effetto di nausea che porta questo ormone.
Le parole degli scienziati
“Ora sappiamo perché viene la nausea. Il feto che cresce nel grembo materno produce un ormone a livelli a cui la madre non è abituata. E più è sensibile a questo ormone, più sperimenterà sintomi negativi. Sapere questo ci dà un indizio su come potremmo evitare che ciò accada. Ci rende anche più fiduciosi sul fatto che impedire a Gdf15 di accedere al suo recettore altamente specifico nel cervello materno costituirà la base per evitare in modo efficace e sicuro questo disturbo“, racconta il professor Stephen O’Rahilly, co-direttore del Wellcome Medical Research Council Institute of Metabolic Science di Cambridge.
Marlena Fejzo, coautrice della scoperta, racconta anche la sua esperienza personale: “Quando ero incinta, stavo così male che riuscivo a malapena a muovermi. Quando ho cercato di scoprirne il motivo, mi sono resa conto di quanto ancora poco si sapesse sulla mia condizione, nonostante la nausea da gravidanza fosse molto comune. Speriamo che ora, comprendendo la causa dell’iperemesi gravidica, si potrà fare un passo avanti verso lo sviluppo di trattamenti efficaci e impedire ad altre madri di soffrire ciò che io e molte altre donne abbiamo vissuto“.
I gravi danni delle cure sbagliate
Questa scoperta potrebbe cambiare le cose per molte donne. “Conoscere il meccanismo che causa la nausea gravidica e l’iperemesi è un gran passo avanti per trovare una cura – commenta la dottoressa Elsa Viora, past president di Aogoi, l’Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani – Solo dal 2019 abbiamo a disposizione in Italia un farmaco a base di doxilamina e piridossina, l’unico ad oggi autorizzato per il trattamento sintomatico di nausea e vomito in gravidanza, mentre sappiamo che altri antiemetici più comuni non funzionano perché ovviamente si basano su un meccanismo differente da quello che innesta la nausea gravidica“.
Ma non solo: “Questo studio ora apre un nuovo spiraglio per identificare nuove molecole attive, in una branca di ricerca gravemente danneggiata dalle tragiche conseguenze del Talidomide – spiega Viora – un farmaco venduto negli Anni 50 e ’60 anche contro le nausee mattutine, che però ha causato la nascita di oltre 10 mila bambini con gravi malformazioni, anomalie cardiache e problemi cerebrali”.
“Il gender gap negli studi scientifici è una realtà – conclude la ginecologa – ma anche se la situazione è in miglioramento rispetto al passato, sono ancora pochi i farmaci ad avere l’autorizzazione in gravidanza per mancanza di dati certi sugli effetti collaterali sul feto. È evidente che bisogna fare qualcosa e che fornire consigli sulla gestione dei sintomi o stratagemmi contro la nausea non è sufficiente per le donne che vanno incontro all’iperemesi, che è a tutti gli effetti una patologia gravidica, non solo un fastidio“.