Grillo jr, l’avvocato dell’imputato: “Non riuscirete a intimidirmi”

Grillo jr, l'avvocato dell'imputato: "Non riuscirete a intimidirmi"

È cominciata tra le polemiche la nuova udienza del processo per violenza sessuale di gruppo a carico di Ciro Grillo, figlio del fondatore del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo, e i suoi tre amici genovesi, Edoardo Capitta, Francesco Corsiglia e Vittorio Lauria. “Vi ringrazio per quello che avete scritto. Ma non credo che riuscirete a intimidirmi, io continuerò a fare il mio lavoro nell’unico modo in cui lo so fare facendo il mio dovere professionale fino in fondo“, ha detto ai giornalisti l’avvocato Antonella Cuccureddu, legale di Francesco Corsiglia, in merito alle domande ritenute “molto intime” fatte ieri a Silvia (nome di fantasia), la studentessa italo-norvegese che nel 2019 denunciò i quattro ragazzi. Oggi la giovane ha continuato la sua deposizione. Le prossime due udienze si terranno il 31 gennaio e l’1 febbraio 2024. Quelle successive saranno il 7 e l’8 marzo, l’11 e 12 aprile e il 13 e 14 giugno.

“Emerse contraddizioni”

L’interrogatorio di oggi si è concentrato su due circostanze specifiche che, a detta dell’avvocato Cuccureddu, avrebbero messo in luce alcune incongruenze rispetto a quanto riferito da Silvia dapprima ai carabinieri e poi a processo. Uno riguarda i 14 messaggi inviati dalla giovane tra le 14.15 e le 14.45 del 17 luglio 2019, quindi dopo la presunta violenza sessuale, a varie persone. La 23enne ha detto di “non ricordare nulla” di quei momenti, mentre ai militari dell’Arma averebbe raccontato di aver dormito in quel lasso di tempo. La seconda presunta contraddizione riguarda il viaggio in taxi nel pomeriggio di quello stesso giorno. La ragazza aveva detto di aver preso un taxi fuori dalla casa di Grillo jr assieme all’amica Roberta per recarsi ad Arzachena. Alcuni testimoni, tra cui lo stesso tassista, hanno riferito che Silvia fu accompagnata da alcuni imputati ad Arzachena, dove poi avrebbe preso il tassì.

“Mi sono sentita una preda”

Durante l’udienza di ieri pomeriggio, durata cinque ore, la 23enne aveva raccontato di essersi “sentita una preda” in riferimento alla notte in cui si sarebbe consumata la presunta violenza sessuale di gruppo. Alla teste sarebbero state fatte domande “molto intime“. Ad esempio: “Ma se aveva le gambe piegate, come ha fatto a toglierle i pantaloni?“. Oppure: “Ci può spiegare come le sono stati tolti gli slip?“. E ancora: “Perché non ha reagito con i denti durante il rapporto orale?“. “Mi sento svuotata, sono esausta, mi viene da vomitare“, sono state le parole della giovane prima di lasciare il Palazzo di giustizia di Tempio Pausania (Sardegna), dove si sta celebrando il processo.

Il botta e risposta tra gli avvocati

Al termine dell’udienza non sono mancate le polemiche. “Un interrogatorio da Medioevo“, è stato il commento a caldo dell’avvocato Dario Romano, che difende Silvia con l’avvocato Giulia Bongiorno, ieri assente per impegni istituzionali al Senato. “Nei processi si ricostruiscono i fatti. Il fatto di cui discutiamo è un fatto di violenza sessuale e non c’è niente di intimo in una violenza sessuale. O è una cosa intima o è una violenza sessuale. E il processo si fa per capire se è stata una cosa intima o violenza sessuale“, ha rilanciato l’avvocato Antonella Cuccureddu. Alla domanda dei cronisti se in questo modo non ci fosse il pericolo di una vittimizzazione secondaria della ragazza, la legale ha replicato: “Il concetto di vittimizzazione parte da un presupposto, che ci sia una vittima. Il processo si fa per accertare se c’è una vittima. Dopo di che il processo si fa per accertare i fatti che sono sequenze di condotte che si realizzano in un luogo e in un tempo. Si deve chiedere cosa è accaduto, segmento per segmento“.

La vicenda

La presunta violenza sessuale di gruppo si sarebbe consumata la notte tra il 16 e il 17 luglio 2019 nella residenza estiva della famiglia Grillo in Costa Smeralda (Sardegna). Silvia e l’amica Roberta (anche lei parte civile nel processo) avevano conosciuto Ciro Grillo e gli amici genovesi in un noto locale dell’isola. Al termine della serata, le due studentesse avevano seguito la comitiva di ragazzi nell’appartamento a Cala di Volpe. Su quanto accaduto nelle ore successive ci sono due versioni differenti. Da un lato quella della studentessa italo-norvegese, che sostiene di essere violentata per “cinque o sei volte“, e dall’altro quello dei quattro ragazzi che respingono le accuse. Gli imputati ritengono che Silvia fosse “consenziente” e dunque, a dir loro, non ci sarebbe stata alcuna violenza.

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