I leader della sinistra italiana si sono immersi in un gioco di ruolo dove si muovono come coraggiosi resistenti che sfidano la dittatura. Voce ferma e stentorea, quasi a ergersi esempio di coraggio nella denuncia pubblica della barbarie, a rischio di gravi conseguenze per la libertà personale.
La giovane staffetta partigiana Elly Schlein, alla Camera dei deputati, affronta la presidente del Consiglio invitandola a ripetere con lei: «Viva l’Italia antifascista!». E il valoroso comandante di brigata Giuseppe Sala, con la stessa sicumera con cui nega l’emergenza criminalità a Milano, grida «Viva l’Italia antifascista!» alle celebrazioni per la strage di piazza Fontana.
Se i due esponenti dem non si sono coordinati in vista delle loro esternazioni fotocopia, allora si sono fatti pervadere da un comodo antifascismo prêt-à-porter che non richiede particolari elaborazioni, se non quella di ripetere a pappagallo la frase urlata dal loggionista alla Scala. Un po’ come a scuola, quando ci si precipitava la mattina a citare prima degli altri il tormentone di uno spot pubblicitario particolarmente riuscito.
Schlein fatica all’opposizione a costruire uno straccio di alternativa di governo per il prossimo futuro. Sala affronta la fase calante della sua sindacatura tra crescenti problemi di criminalità e disagio metropolitano. Urla che ti passa. Se Gramsci non ha assicurato il sol dell’avvenire, diventa tragicomico provarci con il signor Vizzardelli.