Ursula von der Leyen non solo lo promuove a pieni voti, ma lo indica come esempio di «pensiero fuori dagli schemi» a cui potrebbero ispirarsi nuove intese tra i paesi dell’Unione Europea e nazioni terze. Nello stesso giorno, invece la Corte Costituzionale albanese lo blocca impedendo al Parlamento di Tirana di discuterlo e ratificarlo. É la strana e bizzarra sorte a cui sta andando incontro l’accordo firmato da Giorgia Meloni e dal premier Edi Rama.
L’accordo, come si ricorderà, prevede l’apertura in Albania di due centri di accoglienza destinati all’identificazione e al rimpatrio dei migranti raccolti in acque internazionali dalla nostra Guardia Costiera. Ma a questo punto la ratifica parlamentare dell’accordo, che doveva venir discussa proprio oggi dai deputati albanesi, potrebbe restare sospesa per almeno tre mesi.
Entro questo termine l’Alta Corte di Tirana dovrà valutare la sintonia dell’intesa con la Costituzione e le convenzioni internazionali alle quali aderisce l’Albania. Dunque l’accordo Roma Tirana potrebbe anche saltare. In tutto ciò l’aspetto veramente bizzarro della storia è il contraddittorio corto circuito innescatosi tra Tirana e Bruxelles. Un corto circuito in cui è assai difficile comprendere quale sia il binario del diritto e quale quello della politica.
O – per dirla con Giorgio Gaber – «cosa sia di destra e cosa sia di sinistra».
Da una parte infatti la Presidente della Commissione Ue, ovvero una delle due principali autorità europee, boccia senza mezzi termini le tesi della sinistra italiana. Una sinistra e un Pd che come si ricorderà definivano l’intesa una sorta di «nuova Guantanamo» e la consideravano, per citare la segretaria del Pd Elly Schlein, «in aperta violazione delle norme di diritto internazionale e di diritto europeo».
Esattamente l’opposto di come la pensa Ursula von der Leyen che riassumendo il lavoro della Commissione in materia di migrazioni elogia l’intesa tra Roma e Tirana. «L’accordo operativo tra Italia e Albania è un esempio di pensiero fuori dagli schemi, basato su un’equa condivisione delle responsabilità con i Paesi terzi, in linea con gli obblighi previsti dal diritto internazionale e dell’Ue».
Una promozione non da poco. Una promozione che di certo non fa piacere ad un Pd ed una sinistra italiana abituati a farsi scudo dell’Europa per attaccare l’esecutivo di Giorgia Meloni. A contraddire la Presidente dell’esecutivo europeo arriva invece la Corte Costituzionale di Tirana. Il provvisorio blocco dell’intesa imposto dall’Alta Corte si basa su due ricorsi dell’opposizione in cui si sostiene che l’intesa viola la Costituzione e le convenzioni internazionali a cui aderisce l’Albania.
Ma qui il corto circuito politico e giuridico è assolutamente paradossale. I due ricorsi accolti dall’Alta Corte di Tirana pur ricalcando perfettamente le tesi della sinistra italiana, provengono infatti dalle fila di quell’opposizione che in Albania fa capo ad un Partito Democratico di Sali Berisha tradizionalmente schierato a destra.
Dunque chi ha ragione? Per capirlo bisogna metter da parte la politica e appellarsi non al diritto albanese, ma a quello europeo. Un diritto che in questo caso sta saldamente dalla parte di Ursula von der Leyen e dell’intesa firmata da Giorgia Meloni ed Edi Rama.
In Italia l’opposizione parla di clamorosa figuraccia a livello internazionale: «L’accordo Italia Albania è un pericoloso pasticcio che non solo lede i diritti umani, ma non sta in piedi sul piano delle regole e del rispetto delle convenzioni internazionali. Il governo Meloni farebbe bene a cancellarlo del tutto. Si tratta infatti di uno strumento che impegnerebbe mezzi, uomini e denaro pubblico italiano in modo estremamente significativo». scrive in una nota Pierfrancesco Majorino, responsabile Politiche migratorie nella segreteria Pd. La Presidenza del Consiglio non commenta la decisione della Consulta albanese, ma fa sapere che non c’è preoccupazione su eventuali ritardi sulla messa in campo del Memorandum.