Nella intervista di oggi (ieri, ndr) al Foglio, Carlo De Benedetti dice due cose giuste, il che – rispetto al suo solito – mi pare già un record, visto che non ne ha mai azzeccata una, nell’impresa, così come nella politica.
È vero che Mediaset non è in vendita, ed è vero che sono innamorata di mio padre. Non potrebbe essere diversamente, per il grande papà e il grande uomo che è stato.
Peccato che tutto il resto sia completamente campato per aria: sono ormai cinquant’anni che De Benedetti si ripete come un disco rotto, denigrando Silvio Berlusconi, che oggi non può più nemmeno difendersi. Si permette anche di farneticare sul futuro di Mediaset e sui motivi per cui non abbiamo alcuna intenzione di metterla in vendita.
Voglio rassicurarlo: ciò che ci guida nelle nostre scelte per le società del gruppo è innanzi tutto la loro solidità, le strategie chiare, le ottime prospettive per il futuro e il fatto che (a differenza di quelle dell’Ingegnere) sono molto ben gestite.
Temo sia proprio questo l’intimo problema di De Benedetti. Mio padre ha saputo creare aziende da migliaia di posti di lavoro, che ogni anno garantiscono allo Stato un cospicuo gettito fiscale e generano utili per i loro azionisti. In particolare Mediaset, citata nell’intervista, è una multinazionale leader in vari mercati europei, che produce utili, e dove tante persone, a cominciare da mio fratello Pier Silvio, lavorano con entusiasmo e grande passione. De Benedetti, invece, che cosa ha costruito? A me pare che per lo più abbia distrutto, scaricando i suoi tanti fallimenti sulla comunità. Oppure proprio sul nostro gruppo, con l’assurdo risarcimento di quasi 500 milioni, che nel 2013 lo hanno letteralmente salvato.
Per tutto questo vorrei tanto dargli un consiglio: «Tra la poca vita che resta e il nulla che incombe» (come dice lui), cerchi almeno di parlare con un po’ più di rispetto delle nostre aziende, e magari prenda qualche tardivo appunto su come si gestisce un’impresa.
La verità resta quella di sempre: per gran parte della sua lunga esistenza, l’Ingegnere non ha fatto altro che invidiare mio padre. Lo si capisce, purtroppo, dal livore acido con cui ne parla perfino oggi, che non c’è più. Questo non stupisce, considerando il gran maestro di stile e buone maniere che Carlo De Benedetti è sempre stato.
Il suo cruccio, in verità, è che Silvio Berlusconi rappresenta tutto quello che lui avrebbe sempre voluto essere senza mai riuscirci, come imprenditore, come politico e come padre.