Ne abbiamo parlato tante volte, in lungo e in largo. Il subdolo fenomeno dell’Italian Sounding infligge ogni anno danni miliardari alle filiere agroalimentari italiane di qualità che si trovano a fronteggiare la concorrenza sleale di prodotti che di italiano hanno solo il suono, per l’appunto.
Così, sugli scaffali dei supermercati stranieri si accalcano parmigiani americani e russi, pesto che di genovese spesso non ha neppure più il nome e molto altro ancora. L’elenco è lungo e in continua crescita purtroppo.
Se simili contraffazioni delle eccellenze del Bel Paese all’estero sono fonte di problemi e preoccupazione per il Made in Italy, fa ancora più male quando i prodotti fake vengono confezionati proprio in Italia e da (disoneste) mani italiane.
Proprio qualche giorno fa i giornali hanno riportato la notizia di un maxisequestro da parte delle autorità di oltre due quintali di “Pasta di Gragnano IGP” contraffatta. Nei guai un noto pastificio della cittadina campana aderente al rinomato Consorzio che ha confezionato in pacchi natalizi della pasta che però nulla aveva a che fare con il territorio di Gragnano e totalmente priva delle tradizionali trafile in bronzo che caratterizzano il prelibato prodotto locale.
Il motivo di tutto ciò è ovvio, in questa maniera una pasta economica prodotta chissà dove poteva essere venduta ad un prezzo ben più elevato grazie alla celebre denominazione. Purtroppo casi del genere non sono rari in Italia e sono costantemente nel mirino delle forze dall’ordine che monitorano di continuo la situazione.
Tra i prodotti più penalizzati da tali pratiche truffaldine spicca sicuramente il nostro olio extravergine di oliva, uno dei prodotti più amati in Italia e all’estero. Per ottenere le varie denominazioni Dop che lo contraddistinguono nelle sue prelibate varietà, l’olio Evo deve rispettare rigidi protocolli di produzione, primo tra tutti l’esclusivo utilizzo di olive autoctone del proprio territorio.
Purtroppo capita frequentemente di sentire di olii dop fare realizzati utilizzando non solo olive di parti opposte d’Italia ma addirittura provenienti da paesi esteri, come Marocco o Grecia, dove la materia prima è di gran lunga più economica. Lo stesso avviene per le nocciole della Tuscia Viterbese, spesso furtivamente sostituite nelle confezioni dalle cugine turche o ancora arachidi provenienti dalla Cina e pistacchi dagli Usa.
Il rischio non è solo quello di mangiare prodotti credendoli italiani quando in realtà non lo sono ma soprattutto di introdurre nel proprio corpo nutrienti di bassa qualità che a volte possono persino essere nocivi, perché coltivati e prodotti senza rispettare le rigorose normative in tema di tutela della salute.
Come spesso denunciato da Coldiretti in alcuni casi questi fenomeni assumono dimensioni e caratteri inquietanti e vengono gestiti da criminalità organizzate, le cosiddette “agrimafie” che totalmente sprezzanti e incuranti della sicurezza degli ignari consumatori, immettono sul mercato prodotti totalmente falsati e spesso pericolosi, come le mozzarelle sbiancate con agenti chimici quali il carbonato di sodio e il perossido di benzoile, vini pseudo “doc” contraffatti a tal punto da essere in pratica poco più che semplice acqua zuccherata o prodotti di oscura provenienza, come certi tartufi cinesi, venduti poi a caro prezzo dopo averli spacciati come originari di blasonate località italiane.
Un giro di affari da capogiro che purtroppo non ha nulla da invidiare alle taroccazioni compiute all’estero. Ciò che possiamo fare per contribuire ad arginare le contraffazioni “fatte in casa ” è acquistare i nostri prodotti consapevolmente da produttori fidati, leggendo bene marchi ed etichette. Il Made in Italy è un bene prezioso da tutelare e tutti noi dobbiamo fare la nostra parte.