Via Crocefisso 6. È in questo stabile austero e lussuoso nel cuore di Milano, tra tappeti rossi, piante rampicanti, scalinate in marmo e alte porte di vetro rifinite in lucido ottone, che ieri intorno all’ora di pranzo è stato trovato il corpo senza vita e con il cranio fracassato di Fiorenza Rancilio, 73 anni, erede di una nota dinastia di immobiliaristi milanesi. Dell’omicidio è stato accusato il figlio 35enne della donna, Guido Pozzolini Gobbi Rancilio, rinvenuto sotto choc accanto al cadavere della madre.
La signora abitava in un attico immerso nel verde al nono e ultimo piano di questo palazzo pieno di studi legali e sede di prestigiose società, zona di strade strette e antiche che dal Duomo lambisce il Ticinese. In realtà era dalle 8.30 che la domestica cercava di accedere all’appartamento della «dottoressa», ma ha trovato la porta chiusa dall’interno. «Era un fatto insolito, di solito la signora usciva ogni mattina intorno alle 9.30», spiegherà più tardi la donna. Trovando l’ingresso chiuso anche sull’altro lato del palazzo, che dà su corso Italia, verso mezzogiorno e mezzo ha deciso così di raggiungere i primi piani dove si trovano gli uffici della holding «Palladium Italia srl» e della «Omnium Servizi Immobiliari» – entrambe di proprietà della famiglia Rancilio – e ha allertato prima il portinaio quindi un geometra che nel condominio svolge un ruolo da facility manager. Prima l’uomo ha tentato di entrare in casa di Fiorenza Rancilio da una finestra, quindi ha utilizzato una chiave. «Quando la porta d’ingresso si è aperta abbiamo capito subito che c’era qualcosa di strano, le tapparelle erano chiuse completamente», dirà l’uomo in seguito. In sala da pranzo, seduto a terra, è apparso quindi Guido Pozzolini Gobbi Rancilio, che abita nell’abitazione comunicante con quella della madre, all’ottavo piano. L’uomo era in stato confusionale e non era nemmeno in grado di parlare. Accanto a lui il cadavere della signora Fiorenza, completamente vestita e stesa sul tappeto della sala da pranzo, avvolta in un piumone e degli asciugamani, il sangue già rappreso sulla testa piena di ferite. L’arrivo di una ambulanza e di un’automedica infatti è stato inutile: per la 73enne non c’era più nulla da fare.
Gli investigatori dei carabinieri del comando provinciale, giunti sul posto con la Sezione Rilievi, hanno trovato nell’attico diversi oggetti riconducibili alla possibile arma del delitto. Mentre il Guido Rancilio è stato portato sotto choc al Policlinico per una serie di controlli, la sua posizione è apparsa com’è ovvio da subito particolarmente compromettente. In serata il 35enne, cittadino svizzero nato a Lugano, è stato fermato formalmente con l’accusa di omicidio volontario.
«Quando siamo arrivati nell’appartamento l’uomo era in stato catatonico. Resterà in ospedale per essere assistito. Stiamo anche raccogliendo tutta la documentazione medica che lo riguarda, visto che è abbiamo scoperto che è in cura per patologie psichiatriche accertate, è stato ricoverato più volte e in casa aveva molte confezioni di benzodiazepine», fanno sapere in serata i carabinieri.
Fiorenza Rancilio, figlia dell’immobiliarista Gervasio, gestiva il suo patrimonio immobiliare ed era ex presidente (da qualche anno le è subentrato il fratello Cesare) della fondazione Augusto Rancilio, un ente no profit intitolato proprio al fratello architetto rapito in un cantiere edile di Cesano Boscone, nell’ottobre del 1978 dalla ‘ndrangheta e mai tornato a casa. La Fondazione ha sede a villa Arconati, una delle dimore più maestose nell’hinterland milanese, costruita nel 1600, che si trova a Bollate e di cui i Rancilio risultano comproprietari.