L’ombra di Draghi incombe. Giorgia e Elly si distanziano

L'ombra di Draghi incombe. Giorgia e Elly si distanziano

Colpo di teatro in Senato. Dopo avere incassato nel corso dello dibattito sulle comunicazioni in vista del Consiglio europeo di oggi e domani diverse stoccate sul tentativo del governo di frenare il Mes fuori tempo massimo, Giorgia Meloni decide di togliersi un sassolino dalla scarpa. L’apice arriva quando il suo intervento volge al termine e la premier sta per recarsi al tradizionale pranzo con il presidente della Repubblica che precede il Consiglio europeo, un appuntamento che questa volta riveste un fortissimo valore strategico per l’Italia. «Parlate di logica di pacchetto, ma mi pare che la vostra fosse più una logica di pacco. Trovo sensazionale che abbiate voluto tornare su questo argomento» dice con un sorriso sardonico. Qualche istante di attesa, poi l’apertura di un foglio, datato 20 gennaio 2021 con oggetto «Accordo recante modifica del trattato che istituisce il Meccanismo Europeo di Stabilità». È l’inizio del contrattacco. «Avete negato che il governo Conte abbia dato alla chetichella l’assenso alla riforma del trattato del Mes. Colleghi, vi ho portato un bel fax…», dice la premier, mostrando il documento – che pare sia stato scovato dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari – inviato da Luigi Di Maio all’allora rappresentante a Bruxelles, l’ambasciatore Maurizio Massari. Un documento nel quale viene messa per iscritto l’autorizzazione a siglare il Mes. «La signoria vostra è autorizzata a firmare l’accordo recante modifica del trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità. Firmato, Luigi Di Maio, ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale», legge Meloni, brandendo il foglio.

L’accusa all’esecutivo pentastellato – all’epoca era in carica il secondo governo guidato da Giuseppe Conte, sostenuto dal Movimento Cinquestelle, dal Partito Democratico, da Italia Viva e da Liberi e Uguali – è quella di aver avallato quell’assenso, oltretutto con una tempistica quantomeno discutibile. Perché se il governo Conte diede le dimissioni in data 26 gennaio 2021, con messaggio in data 28 gennaio 2021 indirizzato al Ministero degli Esteri, il Rappresentante Permanente conferma di aver apposto la firma in calce all’accordo il giorno precedente, il 27 febbraio 2021. «Questa firma è stata fatta il giorno dopo le dimissioni del governo Conte» attacca Meloni «quando il governo era in carica solo per gli affari correnti», e «senza dirlo agli italiani, senza metterci la faccia, contro il parere del Parlamento e con il favore delle tenebre. Questo foglio dimostra la scarsissima serietà di un governo che alla chetichella, prima di fare gli scatoloni, lasciava questo pacco al governo successivo. Capisco la vostra difficoltà e il vostro imbarazzo, ma dalla storia non si esce, perché la propaganda si può fare ma poi rimangono i fogli a dimostrare la serietà di chi parla».

L’aula del Senato applaude fragorosamente, tra le proteste del centrosinistra. Ma Ignazio La Russa liquida le contestazioni: «Colleghi, non c’è divieto di applauso». In serata, con un video, arriva la replica di Giuseppe Conte. «La vuole mettere sui fatti? Sapete chi ha introdotto il Mes? Il governo Berlusconi nell’agosto 2011. Io allora ero un avvocato, la Meloni era in Parlamento. Non ti permettere di dire che l’ho approvato con il favore delle tenebre, c’è stato un dibattito parlamentare. Ora si tratta di decidere della ratifica e devi farlo tu».

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