Due strade differenti per arrivare allo scudetto, anche se a Milano lo definiscono apertamente un obiettivo, mentre a Torino, più prudentemente per ora è solo un sogno. Comanda l’Inter, insegue la Juventus. Divise da 2 miseri punti, nulla rispetto all’opulenza che Inzaghi cala sul tavolo, quasi a metà della partita: l’Inter ruba gli occhi, diverte, comanda, segna, la Juventus specula, soffre, si difende, diverte poco ma vince molto. Tutti gli altri, dal Milan in giù, sembrano contare solo per i gettoni di consolazione.
Il calcio è strano, Inter e Juventus hanno perso una partita ciascuno e a distanza di 4 giorni. Entrambe contro il Sassuolo, a fine settembre. Dionisi ha colto l’attimo come nessun altro, eppure a quelle 2 vittorie, ne ha sommate solo altre 2 nelle restanti 12 partite. Quasi come Dionisi, anche Thiago Motta e il suo Bologna hanno spaventato le regine: 2 pareggi, uno a Torino e carico di rimpianti, l’altro a Milano, in rimonta dal doppio svantaggio. Più dello scontro diretto, finito pari in tutto, è stata l’Atalanta a stabilire l’attuale gerarchia del campionato: la Juventus è andata a Bergamo soprattutto per non perdere, l’Inter innanzi tutto per provare a vincere. Missioni centrate e finora la differenza è tutta lì. L’Inter segna più di tutti e di gran lunga (37 gol, cioè 2,46 a partita), mentre l’attacco della Juventus è appena il settimo del campionato (23 gol, cioè 1,53 per volta).
L’Inter ha incassato solo 7 gol, miglior difesa. Appena 2 in più la Juventus, ma tolto il cappotto subìto a Reggio Emilia (4 gol) sarebbero 5 in 14 partite, sostanzialmente la media dell’Inter. Sommer ha tenuto le lenzuola pulite 2 volte su 3, cioè in 10 partite su 15. Sono 8 i clean sheet di Szczesny (più 1 di Perin). La Juventus quindi attacca male, anzi poco, ma si difende bene. E dire che Allegri ha 4 giocatori che complessivamente sembrano sommare valori superiori ai 4 di Inzaghi.
Interpretazioni, scelte. Inzaghi vuole sempre comandare, anche quando aspetta e si difende. Il gioco dell’Inter è schematizzato, continui scambi, squadra corta ma non schiacciata, nell’attesa del pallone giusto per la folata che travolge. Allegri lascia invece volentieri il pallone all’avversario. A Firenze ha vinto lasciando il 66% del possesso palla a Italiano. A Monza l’ha fatto col 64% per Palladino e contro il Napoli addirittura il 67% a Mazzarri, che di quel 67% ne ha giocato il 61% nella metà campo della Juventus. Casa o trasferta, non cambia nulla. E quello che più di tutti l’ha capito è stato proprio Inzaghi, che a Torino non si è nascosto (anche per lui, solito 65% di possesso) ma neppure si è esposto (solo il 38% nella metà campo avversa). Ha scelto di non provare a vincere la tappa, per non rischiare di perderla, convinto che il campionato sia un po’ il Giro d’Italia. Allegri reggerà fino alla fine?