Sono sempre più infuocati i toni tra i due papabili rivali per la corsa alla Casa Bianca del prossimo anno. L’ultimo durissimo botta e risposta tra Joe Biden e Donald Trump è andato in scena sabato, con il presidente che accusa il candidato alle primarie repubblicane di essere la «maggiore minaccia alla democrazia Usa», e il secondo che replica «no, io la salverò». L’attuale comandante in capo, ai minimi di consenso nell’ultimo sondaggio del Wall Street Journal, dove gli elettori per la prima volta gli preferiscono il tycoon in un ipotetico testa a testa (per 47% a 43%), nelle ultime settimane sta adottando una strategia molto più aggressiva. Secondo alcuni osservatori, Biden sta concentrando la sua campagna sui commenti e le proposte politiche del predecessore più che sulle sue, una tattica che prende spunto dai programmi vincenti utilizzati da Barack Obama e George W. Bush per la rielezione.
«Trump rappresenta molte minacce per questo Paese. Dal diritto di scelta ai diritti civili, al diritto di voto, alla posizione dell’America nel mondo. Ma la più grande minaccia di tutte è quella che pone alla nostra democrazia. Se perdiamo questa, perdiamo tutto», ha tuonato durante un evento elettorale in California, sottolineando che gli Stati Uniti non possono permettersi di avere il tycoon in carica quando cadrà il 250º anniversario della Dichiarazione di Indipendenza, nel 2026. «Tutto quello che dobbiamo fare è scendere in campo e far sentire la nostra voce», ha esortato Biden, rievocando l’assalto al Congresso del 6 gennaio, e ammonendo che nonostante tutto quello che ha fatto, l’ex presidente ha promesso di essere peggio nel secondo mandato: «Sta minacciando di usare l’esercito nelle strade d’America per dare la caccia ai suoi oppositori politici».
Per Trump, invece, gli avvertimenti dell’avversario sono solo una «bufala dopo l’altra». «Non sono una minaccia. Salverò la democrazia. La minaccia è il corrotto Joe Biden», ha replicato, promettendo che il primo giorno del suo insediamento spezzerà «la macchina di censura illegale dell’attuale amministrazione e qualsiasi funzionario che abbia violato i diritti costituzionali americani sarà tenuto a risponderne». Lo stesso The Donald, comunque, recentemente ha parlato di una «punizione» contro i nemici politici in caso di vittoria, e la sua campagna ha lanciato una serie di proposte che espanderebbero l’autorità presidenziale. Nel frattempo spuntano i primi toto-nomi per una nuova possibile amministrazione Trump, tutti con un unico filo conduttore: incrollabile lealtà e impegno ad estendere i confini della legge. Secondo Axios, tra i papabili ci sarebbero l’ex stratega della Casa Bianca Steve Bannon come capo di gabinetto, Stephen Miller come ministro della Giustizia (oppure con un ruolo a livello ministeriale per plasmare la politica migratoria), Jared Kushner come segretario di Stato. Il marito di Ivanka finora ha mantenuto le distanze dalla campagna del suocero, ma potrebbe tornare come capo della diplomazia, mantenendo il suo focus sul Medio Oriente.
In lizza come vice presidenti, invece, ci sarebbero il deputato J.D. Vance, esponente di punta del movimento trumpiano Maga, l’ex portavoce della Casa Bianca ed ora governatrice dell’Arkansas Sarah Huckabee Sanders, la candidata al Senato in Arizona Kari Lake (una negazionista del risultato delle elezioni 2020) e la governatrice del South Dakota Kristi Noem. L’ex first lady Melania Trump, tuttavia, insisterebbe per l’ex anchor di Fox News Tucker Carlson, anche se secondo l’entourage del tycoon lui non sceglierebbe mai una persona che possa fargli ombra.