Gli eredi sono di norma chiamati a versa l’imposta di successione, un’imposta di tipo indiretto che il fisco preleva e che, di fatto, è l’elemento fondante del passaggio di proprietà dei beni del defunto agli eredi.
Un’imposta che non è sempre dovuta e che, di norma almeno, va versata in relazione a specifici beni ereditati.
Vediamo quindi quali sono i casi in cui l’imposta è da versare e quali sono invece i casi in cui vige l’esonero dall’imposta di successione, cominciando a definire l’imposta in sé.
Cosa è l’imposta di successione
L’imposta di successione si applica al momento in cui, successivamente al decesso di una persona, vengono trasferite le proprietà ed altri diritti agli eredi. Per principio, quindi, in caso di eredità costituite da denaro, beni mobili, beni immobili e diritti reali, è obbligatorio pagarla.
La dichiarazione di successione deve essere presentata entro 12 mesi dall’apertura della procedura di successione che coincide con la data del decesso del contribuente.
Le redità che non includono beni immobili o diritti reali su immobili e che non hanno un valore superiore ai 100.000 euro esentano gli eredi dalla presentazione della dichiarazione di successione.
Le forme di successione sono tre, una delle quali è un misto tra le due forme riconosciute dalle leggi italiane:
- successione testamentaria: il defunto ha fatto testamento nominando gli eredi e stabilendo cosa concedere loro
- successione legittima: l’eredità viene disposta in base alle leggi, individuando i rapporti di parentela e la quota di eredità di ogni singolo erede
- successione mista: il defunto ha disposto la successione solo di una parte dei propri averi e l’altra parte rientra quindi nelle logiche della legittimità.
Vediamo dapprima i casi nei quali l’imposta di successione è dovuta.
Quando è obbligatorio versare l’imposta di successione
Per capire le logiche secondo le quali può scattare l’esonero dalle imposte di successione, è bene comprendere quali sono i beni che sottostanno a tale imposta la quale, peraltro, è elemento capitale per il trasferimento dell’eredità che non può avvenire in assenza del versamento al fisco di quanto dovuto.
- beni immobili
- i beni mobili, le obbligazioni, i crediti e il denaro che entrano nella massa ereditaria.
Il calcolo dell’imposta di successione è svolto sul totale dell’eredità, il valore di ogni bene che entra nella massa ereditaria deve quindi essere sommato, deducendo gli eventuali debiti e le spese mediche che gli eredi hanno sostenuto durante gli ultimi sei mesi di vita del defunto.
L’imposta di successione cambia a seconda del grado di parentela dell’erede e del legatario (colui che non è titolare di una quota del patrimonio ma solo di specifici beni). Le norme italiane prevedono queste aliquote:
- coniugi e parenti in linea retta (genitori e figli) pagano il 4% sul valore eccedente a un milione di euro per ogni erede
- fratelli e sorelle pagano il 6% sul valore eccedente i 100mila euro ognuno
- la medesima percentuale (il 6%) corrisponde all’imposta che devono versare al fisco gli altri parenti fino al quarto grado in linea retta e fino al terzo grado in linea collaterale e al netto di ogni franchigia
- le altre persone nominate dal defunto pagano l’8% senza alcuna franchigia.
Tra i beni imponibili figurano, oltre ai già citati beni immobili e i diritti reali immobiliari:
- aziende
- azioni, obbligazioni, titoli, quote sociali, rendite e pensioni
- navi e aerei
- beni mobili come, per esempio, gioielli, denaro, oggetti di valore, eccetera
- altri crediti.
Questo elenco, come vedremo, prevede delle eccezioni che formano l’ambito dell’esclusione dalle imposte di successione.
Inoltre, non rientrano in ogni caso nelle imposte delle voci che sono considerate deducibili, ossia:
- i debiti del defunto al momento in cui la successione viene aperta
- le spese mediche e funerarie in ragione di 1.032,91 euro
- imposte pagate a uno Stato estero in relazione alla medesima successione.
Esaurite queste precisazioni, ci si può addentrare tra i beni esclusi dall’imposta di successione.
L’esonero dall’imposta di successione
Le logiche fanno riferimento sia a dei beni sia a dei soggetti che possono essere esclusi dal pagamento dell’imposta di successione.
I beni che vengono esclusi sono quelli che non formano le attività ereditarie, quindi:
- i titoli emessi dallo Stato
- crediti vantati nei confronti dello Stato e non ancora riconosciuti
- trattamenti di fine rapporto e indennità da lavoro non ancora percepite al momento del decesso
- crediti rivendicati in sede giudiziaria senza che l’iter sia ancora giunto a sentenza
- beni mobili iscritti nel Pubblico registro automobilistico
- beni culturali assoggettati ai vincoli dei beni di pregio architettonico, storico o culturale.
Il passaggio di aziende o di rami aziendali, le quote sociali e le azioni ereditate dal coniuge e dagli eredi in linea retta sono escluse dall’imposta di successione, così come ne sono esentate le indennità previste dalle assicurazioni previdenziali del defunto, oltre a quelle stipulate da quest’ultimo.
Inoltre, nel caso un erede sia disabile (Legge 104/1992), la franchigia al di sotto della quale non è dovuta l’imposta di successione sale a 1,5 milioni di euro.
Se, tra gli eredi, figurano enti religiosi oppure onlus, queste sono parimenti esentate.