Negli ultimi giorni si è parlato molto del loggionista e giornalista 65enne Marco Vizzardelli che, subito dopo l’esecuzione dell’inno di Mameli alla prima della Scala del 7 dicembre, ha urlato “viva l’Italia antifascista”. La sinistra si è scagliata contro gli agenti della Digos, colpevoli a loro dire di aver chiesto i documenti all’uomo a causa dei suoi ideali. I campioni “antifà”, però, si sono dimenticati che in passato è già successo e senza che all’accaduto venissero date connotazioni politiche, perché semplice prassi legata a questioni di sicurezza.
Come riportato dal Tg1, infatti, nel 2000 l’allora 35enne Marco Fuolega ha urlato “vergogna” alla fine del terzo atto di “Il trovatore” di Verdi. “Ce l’avevo a livello musicale con la messa in scena, con il direttore, i cantanti. È stata una serata nera, secondo me”, ha raccontato l’uomo. Poco dopo la sua esternazione, due agenti gli si sono avvicinati per chiedergli i documenti, esattamente come successo a Vizzardelli.
“Secondo me è stata una cosa un po’ sovradimensionata, ma era una questione di ordine pubblico e quindi non ho avuto nessun problema a consegnare la carta di credito”, ha continuato Marco Fuolega, secondo cui è assolutamente legittimo che qualcuno venga identificato se, durante la prima della Scala, inscena una protesta. “Un discorso è la contestazione musicale, ma una cosa del genere, con contenuti schiettamente politici, non è stata fatta nella sua sede deputata”. L’uomo ha anche citato le proteste del 1968, con il lancio delle uova nella piazza della Scala: “A livello politico, fuori. A livello musicale, all’interno del teatro”.
Il caso del presunto fascismo della Digos, dunque, sembra sempre di più l’ennesimo polverone sollevato dalla sinistra desiderosa di attaccare il governo e trovarsi un nuovo martire. Lo stesso Marco Vizzardelli ha affermato di essere già stato corteggiato dal Partito democratico, per poi precisare di “non essere strumentalizzabile né da chi mi dà dell’ultimo giapponese della sinistra, né dal Pd che mi tira la giacchetta”.
Lo schieramento di Elly Schlein, però, ha già fatto sue le parole del giornalista. Sabato 9 dicembre, alla Nuvola dell’Eur, l’arrivo della segretaria alla presentazione del nuovo libro di Giorgia Serughetti è stato salutato da un coro di “Viva l’Italia antifascista”. Presente anche il giornalista Marco Damilano, che ha mostrato il suo documento di identità affermando di essere pronto a farsi identificare. Per non dimenticare il sindaco di Milano Giuseppe Sala che, il giorno dopo l’accaduto, in un post sul suo profilo social ha chiesto: “Al logginista identificato, che gli si fa? Chiedo per un amico”.