Netanyahu sente Putin. Scintille sui legami con l’Iran: “Relazione pericolosa”

Netanyahu striglia Putin. "Stai dalla parte dell'Iran"

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha abbandonato oggi la riunione di gabinetto per avere un colloqui telefonico con Vladimir Putin. Stando a quanto riferito dall’ufficio di Bibi al Times of Israel, la telefonata è durata circa 50 minuti, durante i quali il leader di Tel Aviv “ha criticato con forza la pericolosa cooperazione tra Russia e Iran” e ha espresso “disappunto” per le parole dell’ambasciatore di Mosca alle Nazioni Unite durante il vertice del Consiglio di sicurezza. Si è trattato della seconda conversazione tra i due leader dall’inizio della guerra tra lo Stato ebraico e Hamas, a distanza di quasi due mesi dalla prima (16 ottobre).

Prima di allontanarsi dalla riunione, il primo ministro di Tel Aviv ha riferito anche di colloqui con il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, a cui ha detto che “non possono da un lato sostenere la distruzione di Hamas e dall’altro fare pressioni su di noi per porre fine alla guerra, cosa che impedirebbe l’eliminazione di Hamas“. Il leader ebraico ha inoltre ribadito che il conflitto “continuerà con intensità maggiore, nel nord e nel sud della Striscia di Gaza, per raggiungere tutti gli obiettivi“. Quest’affermazione, in linea con quanto dichiarato fin dall’inizio delle ostilità dalle autorità di Tel Aviv, rischia di ampliare il solco tra Israele e una parte degli alleati occidentali, che puntano ad una tregua permanente in ragione della situazione umanitaria nell’exclave palestinese, che peggiora di giorno in giorno. Lo Stato ebraico, però, può ancora contare su un supporto totale da parte degli Stati Uniti, fondamentale sia per i rifornimenti bellici in previsione di una campagna militare di almeno altri due mesi, sia per la gestione del fronte delle relazioni internazionali, in particolare in sede Onu.

Per quanto riguarda le relazioni con la Russia, invece, i legami di Mosca con Iran e Siria la pongono in netto contrasto con Tel Aviv. I rapporti sono stati ulteriormente inaspriti dalle dichiarazioni del capo della diplomazia Sergei Lavrov, secondo cui “non è accettabile” utilizzare gli attacchi del 7 ottobre “per giustificare una punizione collettiva del popolo palestinese“, e dalla decisione di Putin di trattare direttamente con Hamas per la liberazione degli ostaggi con doppia cittadinanza russa e israeliana. Il ministero degli Esteri della Federazione ha anche ricevuto una delegazione del gruppo terroristico, un fatto giudicato “inaccettabile” dal governo dello Stato ebraico. Le affermazioni dell’organizzazione palestinese, secondo cui il presidente russo è “un caro amico“, non hanno fatto altro che scavare una frattura ancora più profonda tra i due Paesi.

La situazione è ulteriormente complicata dal suo intrecciarsi con la guerra in Ucraina, che ha portato al deterioramento delle relazioni tra il blocco Nato-Ue, schierato al fianco di Kiev e Tel Aviv, e la Russia. Nel corso dei mesi, Putin ha adottato una retorica marcatamente anti-occidentale, sostenendo che il desiderio dello schieramento guidato dagli Stati Uniti sia la distruzione della Federazione. “Leader occidentali come Angela Merkel e François Hollande hanno provato a indebolire e schiacciare la Russia, ma non ci riusciranno mai“, ha dichiarato il leader del Cremlino, secondo cui i due capi di governo “hanno ammesso di non avere intenzione di attuare gli accordi di Minsk e di usarli per preparare l’Ucraina alle ostilità. Niente funzionerà per loro. Mai“. Parole, queste, sostenute anche dal ministro Lavrov: “Il dominio dell’Occidente, durato 500 anni, sta per finire“.

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