“GuidoMaggi”. Il calzolaio che fa crescere i re della terra

"GuidoMaggi". Il calzolaio che fa crescere i re della terra

Questione di centimetri. Non troppi, ma nemmeno troppo pochi. Quelli che ti permettono di non guardare più gli altri dal basso verso l’alto. Un upgrade sociale che a molti vip e perfetti sconosciuti ha cambiato la vita. Hanno infilato le scarpe, quelle scarpe, e sono usciti dal bozzolo delle proprie paure e dei propri balbettìi. Scarpe di lusso, naturalmente. Design. Gusto e tradizione. Pellami di prim’ordine e poi però la formula magica che regala l’altezza a chi non la possiede: un sopralzo interno, invisibile, ottenuto lavorando sulla tomaia e non issandosi su tacchi che sembrano minitrampoli del circo.

A Lecce c’è un azienda che è un gioiello del Made in Italy: GuidoMaggi, dal nome di un estroso calzolaio attivo a Lecce nella prima metà del Novecento. Nel 2010 il pronipote, Emanuele Briganti, ha ripreso l’atelier di famiglia, e l’ha rilanciato, partendo sempre dal Salento che poi, ironia della sorte, è il tacco d’Italia. Da qui ogni giorno partono scarpe, centinaia di modelli, tutti fatti rigorosamente a mano, borse e accessori dalle forme seducenti. Scatole infiocchettate con quel nome in evidenza, GuidoMaggi, che fanno il giro del mondo. I divi di Hollywood, principi arabi, politici italiani, personaggi insospettabili. Al quartier generale di Lecce mantengono il silenzio, manco fosse un segreto di stato. Ma giornali e riviste da anni restano impigliati negli stessi nomi: Silvio Berlusconi, Jury Chechi, Fausto Leali, Tom Cruise. Emiri e miliardari cinesi. Nobili che vorrebbero elevarsi e visconti dimezzati che sognano il soppalco.

Questione di centimetri. Da sette a tredici. Quelli che mancano arrivano in dote con la calzatura. Cammini e camminando vai avanti ma anche verso l’alto, in un mondo sconosciuto. «Interveniamo sulla tomaia – spiega il quarantatreenne Briganti – così da nascondere i nostri marchingegni che devono essere comodissimi, oltre che in linea con le prescrizioni della scienza medica». Insomma, estetica e ortopedia a braccetto. Se non è un matrimonio, è almeno un fidanzamento, del tutto inusuale nel luccicante mondo delle calzature. D’altra parte, se riflettiamo, l’uomo di potere – il classico cliente del brand pugliese – deve trasmettere autorevolezza e stabilità, quindi un paio di scarpe così possono fare la differenza. E valgono più del famoso abito che fa il monaco. «La scintilla – racconta l’imprenditore – è scoccata per un problema personale. In gioventù facevo il modello, ma la mia altezza, 1,75 metri, mi impediva di sfilare per l’alta moda. Ho cominciato con l’idea di produrre scarpe artigianali con un rialzo che però fosse nascosto, come un segreto ben custodito. I modelli in vendita in quell’epoca, una quindicina di anni fa, mettevano in mostra poderosi alzatacco, tutto il contrario di quel che cercavo. E poi volevo anche una postura corretta e i comfort della miglior scuola tricolore. Provavo, disegnavo, chiedevo prototipi agli artigiani pugliesi».

Così per mesi, un tentativo dopo l’altro. Poi il 15 maggio 2012 la prima scarpa con il rialzo a scomparsa viene venduta negli Usa. È la svolta. E l’inizio di una moda che con il passaparola si diffonde rapidamente ovunque.

Leave a comment

Your email address will not be published.