Viktor Orbán mi accoglie in una sala del monastero carmelitano di Budapest, oggi sede dell’ufficio del primo ministro ungherese, circondato da libri antichi e un grande mappamondo affacciato sul Danubio. È un luogo importante per l’identità ungherese poiché, quando i turchi conquistarono Buda, fu trasformato in una moschea prima di essere ricostruito come un monastero carmelitano.
Indossa un paio di jeans, una camicia azzurra e una giacca blu: «Devo andare a fare campagna elettorale per le elezioni europee in una città in Romania per la comunità magiara». Nella Romania occidentale vivono oltre un milione di magiari con passaporto ungherese che rappresentano un’importante comunità.
Orbán è un fiume in piena e, appena mi accoglie, chiede se sono stato alla manifestazione per la pace che si è svolta a Budapest lo scorso fine settimana: «È stato un grande evento per difendere la pace e la dignità nato dalla società civile», spiega il primo ministro ungherese aggiungendo «avrebbe dovuto vedere quante persone erano presenti, la politica non può essere solo social, bisogna dimostrare di avere il consenso del popolo». E Orbán, piaccia o meno, ha un elevato consenso in Ungheria.
Primo ministro, tra pochi giorni ci saranno le europee, cosa si aspetta da queste elezioni? Pensa sia possibile un cambio di maggioranza a Bruxelles?
«Mi aspetto sopratutto due cose: rinforzare la democrazia e avete una nuova maggioranza di destra. Questa Commissione europea ha fallito sull’agricoltura, sulla guerra, sull’immigrazione, sull’economia, ora devono lasciare. Rinforzare la democrazia significa eleggere una diversa Commissione da quella attuale che, da quanto governo, è stata la peggiore. Al tempo stesso serve una rinascita della destra in Europa, abbiamo un’opportunità storica per cambiare la maggioranza. I partiti di destra devono collaborare, siamo nelle mani di due donne che devono trovare un accordo».
Fidesz entrerà nel gruppo dei conservatori europei Ecr presieduto da Giorgia Meloni?
«Noi vogliamo aderire all’Ecr anche se siamo consapevoli ci siano temi che possono dividerci da alcuni partiti che ne fanno parte a cominciare dalla visione sulla guerra in Ucraina».
È un’ipotesi anche l’adesione al gruppo di Identità e Democrazia dopo l’uscita di Afd?
«Abbiamo varie opzioni, anche l’ipotesi di un nuovo grande gruppo di destra europeo, la priorità è fare qualcosa di utile per l’Europa».
Nell’ultima legislatura europea l’Ungheria ha subito una procedura di infrazione per il rispetto dello Stato di diritto, pensa sia stata una decisione politica dell’UE?
«L’Unione europea utilizza strumenti di ricatto, nei confronti dell’Italia lo fa con la leva economica e finanziaria a causa del vostro alto debito pubblico, nei nostri confronti con le politiche sul gender e l’immigrazione. È una questione politica, non c’entra niente il rispetto dello stato di diritto. Noi resistiamo, abbiamo strategie per difendere la nostra sovranità. Per l’Italia è diverso, senza Italia non ci può essere l’Unione europea ma noi siamo una nazione con 10 milioni di abitanti. La nostra lotta contro il federalismo di Bruxelles può però rappresentare un esempio per tante altre nazioni europee».
Pensa il debito pubblico rappresenti un problema per l’Italia?
«Avere un alto debito pubblico è un problema per la sovranità nazionale per tutti, noi siamo passati da un rapporto debito pil all’83% al 70% e prima del covid eravamo scesi sotto al 70%, è una questione di indipendenza. Certo per voi è diverso perché avete l’euro e quindi non avete margini sulle politiche monetarie».
L’Ungheria è accusata di non sostenere l’Ucraina, accusa che lei ha sempre respinto. Può spiegare ai lettori italiani qual è la posizione ungherese sulla guerra in Ucraina?
«L’Ungheria confina con l’Ucraina, non è una guerra qualsiasi ma al nostro confine. L’Italia è lontana geograficamente, per voi è un’altra cosa. Ci sono cittadini ungheresi della minoranza magiara in Ucraina che combattono con l’esercito ucraino e perdono la vita, siamo l’unica nazione dell’Ue i cui cittadini perdono la vita in Ucraina. La guerra è stata iniziata dalla Russia, su questo non ci sono dubbi ma noi dobbiamo chiederci come agire. Siamo a un bivio: o isolare il conflitto e trovare una strada diplomatica o andare più a fondo nella guerra. Se permetteremo all’Ucraina con le armi che fornisce anche l’Italia di colpire in Russia ci saranno conseguenze con una forte reazione russa e il rischio di un coinvolgimento della Nato è a un passo».
Non è quindi d’accordo con la strategia europea sul conflitto ucraino?
«La strategia dell’Ue è fallimentare anche tatticamente, non ci rendiamo conto che stiamo giocando con il fuoco. L’idea dell’Unione europea è nata su un progetto di pace, dopo la seconda guerra mondiale l’Europa si è resa conto che non sarebbe sopravvissuta a un’altra guerra. Dovremmo chiederci qual è l’interesse strategico dell’Europa e chiedere il cessate il fuoco. Tutto ciò è sbagliato e l’opinione pubblica vuole la pace, non la guerra che non è un gioco politico».
L’immigrazione è una delle principali sfide che le nazioni europee devono affrontare, quale pensa dovrebbe essere il modo per fermare l’immigrazione illegale?
«La Commissione europea ha fallito anche nell’ambito dell’immigrazione, non è riuscita a trovare una soluzione se non ipotizzando quote di immigrati da gestire tra i paesi europei. Ma questo, oltre al fatto che sono in completo disaccordo, non significa risolvere il problema dell’immigrazione, noi dobbiamo risolverlo una volta per tutte».
Qual è la ricetta ungherese?
«Fin dall’inizio l’ho detto ai partner europei: l’Ungheria dice no all’immigrazione, punto. La nostra posizione è semplice, siamo un popolo di dieci milioni di abitanti, vogliamo mantenere la nostra identità e il nostro sistema di welfare stabile. Io difendo i confini del nostro paese perché il mio compito, da capo di governo, è tutelare gli ungheresi».
Quindi qual è secondo lei la soluzione all’immigrazione incontrollata dal Nord Africa all’Europa?
«Dobbiamo aiutarli a casa loro tramite progetti di cooperazione e sviluppo tra l’Unione Europea e l’Africa. Da cristiano sto male ogni volta che vedo persone soffrire ma dire che la soluzione ai loro problemi consiste nel venire in Europa significa non raccontare la verità. Come fece Tony Abbott (il primo ministro australiano ideatore del progetto No Way, ndr) dobbiamo evitare a livello europeo l’arrivo di immigrati irregolari nel territorio europeo, nessuno deve più arrivare in Europa senza permesso degli stati nazionali».
In Italia il caso di Ilaria Salis è molto discusso, la sinistra italiana accusa l’Ungheria di non rispettare i suoi diritti di detenuta e la magistratura di non essere indipendente, come risponde?
«Noi ungheresi amiamo le donne italiane, non c’è perciò nessuna preclusione nei suoi confronti. Non amiamo però quando uno straniero viene in Ungheria per compiere un reato picchiando cittadini ungheresi. Io non conosco il sistema giudiziario italiano ma da noi funziona così, lo dico a tutti gli italiani preoccupati per il trattamento che la vostra concittadina Ilaria Salis ha ricevuto qui in Ungheria: ha avuto un trattamento uguale a tutti gli altri detenuti in Ungheria, dovrebbe smettere di fare la vittima. Inoltre lo scorso dicembre il nostro sistema giudiziario è stato giudicato dall’Unione europea totalmente indipendente dopo due anni di indagine».
Cosa pensa della candidatura di Ilaria Salis alle elezioni europee con l’estrema sinistra?
«In Ungheria non sarebbe apprezzata una candidata che va in un altro paese a fare quello che ha fatto Ilaria Salis con motivazioni politiche e ideologiche, non so in Italia»
Conosce Giorgia Meloni da molti anni, qual è la sua opinione sul suo governo?
«Con Giorgia Meloni ci conosciamo da molti anni, la sostenevo già quando era leader di un partito al 4%. La prima volta che la incontrai pensai: farà strada perché ha due doti più importanti per chi fa politica, carattere e personalità. Inoltre è una donna cristiana che ama la propria nazione, è quello che ci vuole. Certo, ora che è al governo ha maggiori responsabilità ma nell’anno e mezzo di governo ha fatto molto bene ed è rispettata in Europa, lo vedo perché sono anche io nel consiglio europeo. Ora ha un ruolo importante anche in Europa e molto dipenderà dalle sue decision».
Lei era un amico di Silvio Berlusconi, che ricordo ha di lui?
«Berlusconi era un amico, la politica europea è spesso noiosa e Berlusconi rompeva gli schemi del politicamente corretto ma era anche un lottatore che non mollava mai. Nonostante tutto quello che gli ha fatto la sinistra in Italia con i media e la giustizia non ha mai perso l’ottimismo. Lo rispettavo molto perché era uno dei politici più intelligenti che abbia mai conosciuto, mi manca e prego per lui».
Qualche mese fa ha incontrato Donald Trump, con cui ha un rapporto stretto, pensa che possa vincere le elezioni presidenziali? In che modo una vittoria di Trump potrebbe cambiare anche la politica europea?
«Penso che Trump abbia possibilità di diventare il nuovo presidente degli Stati Uniti. Serve un presidente non globalista che superi la visione dei democratici di esportare la democrazia, è la cosa più stupida che abbia mai sentito. Trump è stato l’unico presidente che non ha fatto guerre e ha cercato una soluzione di pace in Medio Oriente».
Crede che la guerra tra Russia e Ucraina potrebbe risolversi se Trump fosse eletto?
«Se Trump e l’Unione Europea volessero, la guerra terminerebbe in 24 ore. La guerra, non bisogna dimenticarlo, è fatta da uomini e gli stessi uomini, se c’è la volontà, hanno tutta la capacità di fare la pace. Penso che se Trump diventasse presidente in un giorno riuscirebbe a garantire il cessate il fuoco in Ucraina per poi aprire le trattative».
L’Italia sta vivendo un grave inverno demografico mentre in Ungheria, grazie alle politiche familiari del suo governo, la natalità è tornata a crescere, può spiegarci quali sono le misure principali delle politiche familiari del suo governo?
«Il calo delle nascite è dovuto a un cambiamento dei valori avvenuto negli anni in modo graduale in Europa, è necessario dare garanzie e aiuti alle donne. Serve un sistema che protegga le donne con agevolazioni e incentivi ma anche tramite un sistema fiscale amico della famiglia come abbiamo realizzato in Ungheria dove il tasso di natalità è cresciuto negli ultimi anni anche se in modo non ancora sufficiente».
L’Ungheria è diventata un luogo in cui arrivano conservatori da tutto il mondo grazie ai suoi think tank e fondazioni, come mai un’attenzione così importante per la cultura?
«In un oceano liberal, c’è una sola isola conservatrice ed è l’Ungheria.
Un’isola di libertà in cui si può criticare il gender, le politiche sull’immigrazione e la guerra senza conseguenze. Oggi in Europa la libertà è in pericolo per il politicamente corretto e la prossima generazione di europei rischia di non essere più libera, dobbiamo lottare per loro».