Ci tiene a smorzare i toni, Giorgia Meloni, dopo un 2 giugno passato a discutere delle polemiche per le parole della Lega su Sergio Mattarella. Le frasi di Salvini? “Siamo in campagna elettorale, è abbastanza normale”, ma “sono stata contenta che abbia chiarito”. A preoccuparla, più che altro, è il tentativo di certa sinistra di gettare il Quirinale “nell’agone della politica”, di tirarlo per la giacchetta, di “raccontare di presunte divergenze con il governo”. Le opposizioni, dice, “continuano a trincerarsi dietro la difesa del Capo dello Stato” e nel farlo “mancano di rispetto al Presidente della Repubblica, che non dovrebbe essere tirato in queste beghe politiche per la debolezza dei partiti”.
La campagna per le Europee
L’intervista rilasciata a Quarta Repubblica, in onda stasera, è una delle ultime tappe prima della chiusura della campagna elettorale per le Europee. Una campagna che Meloni, forse per la prima volta da quando guida FdI, non ha portato avanti girando l’Italia come forse avrebbe voluto. “Avevo promesso che non avrei tolto un minuto all’attività di governo – spiega il premier – e non ho tolto un minuto”. Se si esclude, ovviamente, il comizio con cui sabato sera ha condito l’evento conclusivo di Fratelli d’Italia a Piazza del Popolo. “Penso che la gente – ragiona Meloni – alla fine ti debba giudicare più per quello che fai che per quello che dici nei comizi”. E quindi, presentarsi alle elezioni è “anche il modo migliore per chiedere ai cittadini che cosa pensano di questo lavoro”.
Dal premierato a Giovanni Toti
La leader in queste ore guarda a Bruxelles, sporattutto in vista delle trattavive sulla Commissione dopo le elezioni, ma tiene alta l’attenzione su Roma. Il governo è solido, lo ripete spesso, le riforme promesse (premierato, autonomia, giustizia) sono state avviate e neppure il caso Liguria ha scalfito l’alleanza. Sulla separazione delle carriere Meloni è convinta “che ci sarà la maggioranza e forse in questo caso una maggioranza più ampia” del solo perimetro del centrodestra. Sull’elezione diretta del premier, invece, qualora si arrivasse a referendum, non sarebbe “su di me” ma per garantire un governo solido con mandato popolare all’Italia. Dunque non farà “l’errore di Renzi” di dimetterssi. Su Giovanni Toti, infine, non ci saranno scossoni: sarà lui a valutare il da farsi, dice la premier, il che significa “valutare la capacità di governo e valutare anche in coscienza se, come lui dice, è innocente”. “Far dimettere un uomo che è stato scelto dai cittadini perché viene accusato di una cosa che è falsa è una mancanza di rispetto verso i cittadini – è il ragionamento – mentre se la cosa non fosse falsa sarebbe una mancanza di rispetto verso i cittadini non dimettersi”.
“Nessuno scontro coi magistrati”
Il premier però nega che sia in corso uno scontro con la magistratura. Né per il caso Toti, né tantomeno per la riforma di Nordio “che è fatta per la stragrande maggioranza di magistrati che vogliono solamente fare bene il loro lavoro”. L’obiettivo è scardinare le correnti, che hanno “fatto molti danni alla credibilità della magistratura”. Dunque ben venga la separazione delle carriere, per “creare maggiore equilibrio tra difesa e accusa e a valorizzare la terzietà del giudice“. Ben venga il nuovo Csm con il sorteggio dei suoi componenti del Csm, che eviterà un nuovo caso Palamara e le commistioni con la politica. E ben venga “l’Alta corte: poiché a un grande potere corrisponde sempre una grande responsabilità e non c’è responsabilità più grande del potere di quello di decidere sulla vita delle persone, sulla libertà delle persone, è giusto che anche i magistrati, quando sbagliano, vengano sanzionati”.
“Preoccupata del clima contro di me”
Meloni torna anche sull’aggressione subita da un militante di Fratelli d’Italia di rientro dalla manifestazione di Roma. “Le sedi di FdI vengono fatte oggetto di varie deturpazioni, ci sono delle persone che vengono aggredite, io sono molto preoccupata dal clima che si sta creando in questo racconto del ‘mostro’ – spiega il presidente del Consiglio -. Per questo ho chiesto a Elly Schlein cosa ne pensasse delle parole del candidato del Pse alla presidenza della Commissione Ue Nicolas Schmit che dice che i conservatori non sono democratici, che io non sono democratica e quindi sono un dittatore, e se sono un dittatore cosa si fa, la lotta armata per depormi? Questa gente non si rende conto che per raggranellare due voti rischia che qualcuno creda alle cose deliranti che dicono e decisa di passare ai fatti. La dice lunga sulla responsabilità di questa gente. Quello che abbiamo scoperto in questo anno e mezzo è che i veri estremisti stanno a sinistra”.
La replica a Lucia Annunziata
L’intervista con Nicola Porro è anche l’occasione per parlare dell’esperienza a Palazzo Chigi, un lavoro che non la diverte perché “mi toglie tutto”. Un lavoro che porta avanti nella convinzione che “quando mi guarderò indietro vorrò sapere che per questa nazione ho fatto quello che andava fatto”. Tra le complicazioni, anche quella di dover gestire una figlia piccola: “Quando posso la porto in giro per eventi internazionali e cerco di tornare per l’ora in cui va a dormire”, racconta Meloni. Il prossimo saggio di Ginevra però dovrà saltarlo, vista la concomitanza col G7, e la bambina “ci è rimasta molto male”.
Non saltano invece le domande sulle polemiche di questi giorni. Giorgetti se ne va? “L’ha smentito, a me pare che ci siano dei quotidiani che più di raccontare la realtà sono come un libro dei desideri…”. A Caivano ha ordito un agguato contro De Luca? “Mi hanno detto che c’era e mentre ero in macchina ho allora pensato cosa dirgli”. Su Roberto Saviano escluso dalla Buchmesse, invece, Meloni racconta un aneddoto: all’epoca di “Io sono Giorgia”, la casa editrice chiese al Salone del Libro di presentare il libro dell’allora leader dell’opposizione. Le dissero di no con la scusa che al Salone non sfilano leader politici. “Adesso che c’è stata questa polemica – ricorda il premier – mi è rivenuta in mente questa storia, che io al tempo non ho letto come ‘Oddio, mi stanno censurando’, e mi sono andata a guardare se effettivamente i libri dei leader politici non siano mai stati presentati al Salone del Libro di Torino. E trovo, Elly Schlein, Matteo Renzi, Laura Boldrini e quest’anno Mario Monti”. Al solito, figli e figliastri.
Infine Lucia Annunciata, che oggi ha accusato Meloni di essere la causa del suo addio alla Rai.
“Da giorni dice molte falsità – ribatte Giorgia – si stava dimettendo perché si voleva candidare con il Pd, perfettamente legittimo, anche giusto, ma non si dica ‘me ne vado, perché il governo mi censura e non mi tollera, perché è una menzogna”. Sintesi: “Il problema della sinistra non è che c’è TeleMeloni, è che non c’è più TelePd”.