Marine Le Pen ha 56 anni. È figlia d’arte, suo padre Jean Marie Le Pen per decenni ha guidato la destra francese. Ora il capo è lei. The Economist ha messo il suo volto in copertina, insieme a quello della Meloni e a quello della Von der Leyen, definendole come le tre persone che cambieranno l’Europa. Alla vigilia delle elezioni i sondaggi dicono che il suo è il primo partito dell’Unione Europea.
Presidente Le Pen, la destra vincerà le elezioni? L’Europa sarà governata in modo diverso da oggi?
«L’unica vittoria che conta è quella dei sostenitori delle Nazioni. E questa vittoria sarà più ampia di quella della sola destra. Certamente alcuni movimenti nazionali si rivolgono all’elettorato di destra del loro Paese; altri, come il mio, si rivolgono a tutti i loro connazionali, di destra e di sinistra, purché siano patrioti; infine, un terzo schieramento, pur essendo eurocritico, è di sinistra. È l’alleanza di tutti questi movimenti nazionali che consentirà di riformare l’Unione Europea e di renderla uno spazio di libera cooperazione tra nazioni sovrane d’Europa. Noi siamo impegnati a portare avanti questa rivoluzione politica, che è essenziale alla sopravvivenza delle nostre Nazioni».
Perché ha rotto con l’AfD?
«A rompere con l’AfD non è stato solo il Rassemblement national, ma l’intero gruppo Identità e Democrazia. Nell’Afd tedesca ci sono persone rispettabili, ma altri ritengono che sia intelligente moltiplicare certi eccessi, spesso legati alla guerra mondiale. Capirete che questi eccessi non sono, politicamente ma soprattutto moralmente, accettabili. In un paese come la Francia, che ha subito terribili abusi e deportazioni durante la guerra, abbiamo tolleranza zero su questi temi».
In Francia ci sono nostalgici del fascismo?
«Il fascismo non è mai stato molto potente in Francia. Oggi ci sono solo pochi gruppetti del tutto marginali e, in termini numerici, di poche centinaia di individui. Fortunatamente sono totalmente isolati e screditati. Fungono da spaventapasseri utili per l’estrema sinistra che vorrebbe dare credito all’idea di un pericolo fascista in Francia».
Cosa ha reso così forte il suo rapporto con Salvini in questi anni?
«Il mio rapporto con Matteo Salvini è innanzitutto un rapporto di amicizia che dura ormai da tempo e che ha continuato a rafforzarsi negli anni. C’è anche una grande convergenza di vedute sulle questioni europee e nazionali e questo ha creato rapporti di totale fiducia reciproca».
C’è identità di vedute con la Lega sui temi dello sviluppo economico e dell’ambientalismo?
«Assolutamente. Per cinque anni abbiamo combattuto fianco a fianco con la Lega. Abbiamo combattuto il Green Deal che organizza il declino energetico, industriale, agricolo e zootecnico dei nostri Paesi. Noi confidiamo nelle nostre rispettive aziende che vogliamo sostenere e, se necessario, aiutare, anche a livello europeo. Purtroppo l’UE ha usato tutte le sue energie per cinque anni per paralizzare le aziende con standard, divieti o limitazioni. È urgente invertire questa logica aberrante dell’UE».
Se vincete le elezioni, l’alleanza Francia-Italia guiderà la nuova Europa?
«Il destino della Francia e dell’Italia è legato, direi da sempre, e oggi più che mai. Quando vedo i migranti arrivare in massa sulle vostre spiagge, lo vivo come se questo succedesse in Francia. Di fronte all’Unione Europea che sviluppa una concezione apertamente post-nazionale e progetta la diluizione delle nostre nazioni, dobbiamo restare uniti per riconnetterci con l’Europa reale, cioè l’Europa secolare che è nata ad Atene e a Roma».
La Presidente Von der Leyen ha rilasciato una dichiarazione molto polemica contro di lei. L’ha accomunata all’Afd tedesca e ha detto che lei vuole distruggere l’Europa.
«Sì, è un piccolo rumore di fondo a cui mi sono abituata. Lo interpreto come una patente di efficacia. La signora Von der Leyen, candidata alla sua successione, sta affondando politicamente come aveva già fatto precedentemente screditata sulla scena politica tedesca quando era ministro della Difesa. Il risultato delle liste nazionali in tutti i nostri Paesi sarà la risposta più chiara e incisiva alle invettive e alle diffamazioni contro di noi».
Come dovrebbe essere la nuova Europa?
«Il nostro progetto è l’Alleanza Europea delle Nazioni. Questa alleanza non è una fusione europea, come l’UE, ma una cooperazione basata sulla sovranità degli Stati, sulla loro cooperazione volontaria su temi vantaggiosi, sulla difesa dell’identità dei popoli e sul rispetto della libertà dei cittadini».
Cosa può fare l’Europa per porre fine alla guerra?
«L’Unione Europea non ha l’autorità per impegnarsi nella diplomazia. Non è uno Stato e deve restare al suo posto. I nostri paesi, invece, possono svolgere un ruolo pacificatore. Abbiamo condannato l’aggressione russa contro l’Ucraina. Oggi non dobbiamo fare nulla che possa infiammare la situazione o partecipare ad un’escalation che porterebbe il mondo ad una guerra generale. Io stessa ho proposto che i nostri Paesi lavorino per organizzare una conferenza sulla pace».
È favorevole al riconoscimento della Palestina?
«Sono e questa è la posizione storica della Francia dai tempi del generale de Gaulle a favore della soluzione dei due Stati. Ma riconoscere la Palestina in queste circostanze sarebbe un modo per sostenere Hamas, un movimento terroristico che condivide con l’Isis l’orribile ideologia islamista e la sua visione e i suoi metodi omicidi. Quindi no!».
Di cosa incolpa i socialisti?
«Di essere socialisti!».
Quale sarà il vostro rapporto con il Ppe?
«Intendo lavorare, nessuno escluso, con tutti gli eletti che condividono con noi l’idea della difesa delle Nazioni e dei popoli in Europa. Ma il PPE, avendo sostenuto e continuando a sostenere le politiche tossiche e antidemocratiche di Madame Von der Leyen, è totalmente lontano dall’Europa delle Nazioni per la quale mi batto».
I rapporti con Giorgia Meloni sono buoni?
«Giorgia è, come me, una patriota che difende il suo Paese. Se possiamo avere valutazioni diverse, voglio credere che ciò che ci divide sia meno importante di ciò che ci unisce. Spero ovviamente che riusciremo, nel prossimo futuro, a lavorare insieme per difendere, in Europa, la visione nazionale che abbiamo in comune».
Cosa pensa di De Gaulle?
«Il generale de Gaulle è uno dei più grandi francesi della storia. Non solo liberò il paese nel ’44, ma gli diede la Costituzione che gli assicurò una stabilità politica incomparabile per sessant’anni. Purtroppo i suoi successori non furono all’altezza. Questa grande figura è un esempio e un riferimento per noi e per la nostra azione politica».
Come risolvere il problema dei flussi migratori?
«È una questione di volontà e Matteo Salvini lo ha dimostrato bene quando è stato ministro dell’interno. È necessaria fermezza perché i contropoteri immigrazionisti sono potenti e non si fermeranno davanti a nulla pur di garantire il trionfo del loro progetto di invasione. Dobbiamo mettere in atto una doppia frontiera: una frontiera esterna garantita congiuntamente dall’UE, in particolare grazie a un’efficace agenzia di guardia costiera europea; un confine nazionale che sarà di competenza degli Stati. Il trattato di Schengen deve essere riformato per consentire solo la libera circolazione dei cittadini dell’UE. I migranti, e soprattutto gli immigrati clandestini, non devono beneficiare della libertà di movimento in tutta Europa. Schengen non è stato progettato per consentire questi abusi».
Siete pronti ad aiutare l’Italia, che è il Paese più esposto all’assalto dei migranti?
«Credo che sarà la fermezza a garantire la tranquillità in Italia, non il lassismo, la demagogia o il fatalismo di fronte all’ideologia migratoria».
Cosa pensa dell’Italia?
«L’Italia è, nel mondo, il Paese più vicino alla Francia, il più vicino storicamente, il più vicino culturalmente e soprattutto il più vicino emotivamente. È un paese meraviglioso, di sole e di gusto, di eleganza e di sorrisi, un paese di cultura e con una lingua dalla musicalità senza eguali».
Se vince le elezioni europee, pensa di avere buone possibilità di diventare presidente della Francia?
«In Francia, le elezioni presidenziali sono un viaggio iniziatico, una conquista lunga e
impegnativa poiché è necessario superare il 50% dei voti. Un successo alle elezioni europee ci permetterà di fare un passo in più per salire sul podio presidenziale dove c’è un solo gradino, quello riservato al vincitore».