Tra sì decisi e Paesi che stanno riflettendo, la “linea Stoltenberg” degli ultimi giorni non sembra essere più una grande eresia. “Penso che sia arrivato il momento di rimettere in discussione alcune delle restrizioni” riguardanti l’uso delle armi occidentali da parte di Kiev “per consentire agli ucraini di difendersi“. Lo ha ribadito il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, a Praga, dove questa sera e domani si terrà una riunione informale dei ministri degli Esteri Nato.
Nella capitale ceca, Stoltenberg ha confermato che al vertice di Washington, in programma dal 9 all’11 luglio, la Nato cercherà di rafforzare il proprio sostegno a Kiev con un “impegno finanziario pluriennale“, senza però alcuna informazione ulteriore su cifre e simili. Intanto, giunge una clamorosa la rivelazione sulle mosse Usa: il presidente Biden avrebbe già dato il proprio assenso, tuttavia limitando l’area alla sola regione di Kharkiv: lo rivelano due fonti Usa su Politico.
La Danimarca sposa la linea Stoltenberg
A unirsi al club dei sì oggi è la Danimarca: Copenaghen si dichiara, infatti, favorevole all’uso degli F-16 che dona all’Ucraina per colpire siti militari russi oltre il confine ucraino. “Non è una posizione nuova: era già chiaro quando abbiamo discusso della donazione in commissione Esteri al Parlamento danese. Abbiamo detto che fa parte dell’autodifesa eventualmente attaccare anche installazioni militari nel territorio degli aggressori“, ha affermato il ministro degli Esteri danese, Lokke Rasmussen, a margine del Consiglio Commercio. “L’Ucraina può usare ciò che abbiamo donato, anche al di là dei suoi confini, cioè per obiettivi in Russia, se è in linea con il diritto internazionale“: rincara la dose anche il premier danese Mette Frederiksen, osservando che i partner dell’Ucraina dovrebbero compiere maggiori sforzi per rafforzare il sistema di difesa aerea del Paese, accogliendo con favore la decisione della Germania di fornire il sistema Patriot. Secondo il primo ministro danese altri Paesi dovrebbero fare lo stesso e l’Europa dovrebbe fornire più sistemi e missili all’Ucraina.
Ma è nella giornata di ieri che la cordata di assensi da parte di Sunak, Macron, Scholz e Tusk, completata da Finlandia e Canada ha ribaltato, se non le sorti, quantomeno la prospettiva della guerra. Interessante l’ipotesi proposta da Macron di creare una “coalizione europea di istruttori militari per l’Ucraina“: una forma ibrida tra l’intervento diretto e il mero sostegno a distanza, che coinvolgerebbe un centinaio di specialisti per contribuire allo sminamento o alla formazione di una nuova brigata motorizzata. Restano contrari Italia, Spagna e Belgio. Non si tratta più di una frattura tra falchi e colombe: la Nato come l’Europa ora si spacca sull’opportunità o meno di porsi più duramente al cospetto di Vladimir Putin. Non solo un passaggio epocale tra difesa e offesa, bensì eventualità reale di guerra aperta. Il tabù che sta infatti crollando in queste ore, è infatti quello di vedere armi Nato colpire il territorio russo e non, meramente, i russi occupanti l’Ucraina. E poiché la guerra in Ucraina potrebbe essere, sfortunatamente, solo il primo dei casi che riportano la guerra così vicino all’Europa, conviene chiedersi che effetti avranno questi fronti sul futuro dell’Alleanza.
La linea Stoltenberg tra elezioni europee e nuovo Segretariato Nato
Il tutto è aggravato da due appuntamenti futuri: le elezioni europee e quelle del prossimo Segretario generale della Nato. Eccezion fatta per Sunak, il fronte del sì è tutto coinvolto nella tornata elettorale dell’Unione, con conseguenze pratiche importanti sulla politica interna. Questo costituisce anche prova di autonomia europea di fronte a una Washington ancora tituba. Nell’anno “più elettorale della storia”, l’Europa andrà al voto quasi cinque mesi prima degli Stati Uniti. Le previsioni, come sappiamo, avevano registrato un calo per la cosiddetta “maggioranza Ursula” (Pp, S&D, Re) in favore di raggruppamenti di destra, euroscettici e indipendenti. Questo aveva chiarito già da mesi la necessità di una maggioranza solida e proattiva che possa reggere anche all’eventuale rielezione di Donald Trump che chiuderebbe i “rubinetti” del supporto americano a Kiev, anche da un punto di vista esistenziale. Qualora, infatti, il tycoon dovesse tornare alla Casa Bianca, è facile ipotizzare come i rapporti con l’Europa – e i Paesi Nato in generale – muteranno bruscamente.
Se la corsa ad un certo gradiente di autonomia strategica europea è di facile comprensione, meno lo sono i toni accesi di Stoltenberg, che fanno dimenticare i tempi della presunta “morte cerebrale Nato“. Il Segretario Nato sembra farsi “più politico” di un tempo, così tanto da apparire un disco rotto. Questa libertà d’azione potrebbe spiegarsi anche con la più banale delle ragioni: Stoltenberg non ha più nulla da perdere negli ultimi mesi di mandato. Al suo trono ambiscono il papabile Mark Rutte ma anche il presidente romeno Klaus Iohannis. Difficile prevedere quando verrà raggiunta la convergenza su un nome. “Vediamo che i russi possono stare sul lato russo del confine con una visione che è più o meno la stessa della linea del fronte. Possono essere lì con l’artiglieria, i loro lanciamissili e gli aerei per munizioni e carburante, più sicuri di quanto sarebbero stati se avessero potuto essere attaccati con le armi più avanzate che l’Ucraina ha ricevuto. E quindi credo che sia giunto il momento di considerare alcune di queste restrizioni per consentire agli ucraini di difendersi davvero” ha ribadito anche oggi Stoltenberg, in apertura della ministeriale Esteri informale della Nato a Praga. Per il Segretario, infatti, non si tratta di un reale cambio di prospettiva poichè il diritto all’autodifesa comprende anche la possibilità di colpire obiettivi militari, obiettivi legittimi al di fuori dell’Ucraina, obiettivi importanti, come ad esempio al confine con il territorio russo.
Le reazioni russe alla presa di posizione di Stoltenberg
Se da un lato, tutto questo provoca le prevedibili reazioni russe, con Dimitry Peskov che derubrica il tutto a provocazioni che vogliono proseguire la “guerra insensata”, il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, in un’intervista all’agenzia di stampa Ria Novosti, afferma candidamente come l’Occidente abbia nelle mani il conflitto, nonché la possibilità di accelerare la soluzione diplomatica.”Per fare questo, è necessario che l’Occidente smetta di rifornire di armi l’Ucraina, e che Kiev smetta di combattere. Prima ciò accadrà, prima avremo una soluzione politica“. E nel farlo azzarda anche un ruolo negoziale per Pechino: la Cina, a suo dire, potrebbe organizzare una conferenza di pace alla quale potranno partecipare sia la Russia, sia l’Ucraina. Lavorv ha poi ribadito che Mosca è aperta ai negoziati, “ma stiamo parlando di pace e non di tregua“.
Mentre Washington si trincera dietro mille titubanze e una campagna elettorale pesante come un macigno, l’Europa sembra aver svoltato verso una nuova fase, sebbene
in ordine sparso. Presto la cronaca potrebbe restituirci notizie di attacchi in Russia ben oltre Mosca o Belgorod. Se l’Alleanza abbia rialzato la testa o sia caduta in una gigantesca trappola, solo la storia potrà dirlo.