Due carriere per i giudici. Stop correnti tra le toghe

Due carriere per i giudici. Stop correnti tra le toghe

Finalmente, ci siamo. La separazione delle carriere è ora un testo, il disegno di legge costituzionale Meloni-Nordio, che inizia il suo lungo, speriamo non lunghissimo, viaggio in Parlamento. Vedremo se e come si arriverà alla fine di questo cammino, ma intanto la Costituzione, o meglio la seconda parte della Carta fondamentale, si allinea al codice di procedura penale che ha sposato il modello anglosassone alla Perry Mason. Il pm si sgancia dal giudice e diventa una parte, l’accusa che battaglia con l’avvocato difensore.

Separazione delle carriere

È appunto il nodo fondamentale: «La magistratura – si legge nel nuovo elaborato – costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere ed è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente». Questo vuol dire che il pm resta un magistrato e la sua autonomia viene scolpita dall’articolo 104, allontanando la possibile tentazione di collocarlo alle dipendenze dell’esecutivo. Ma nello stesso tempo prende la sua fisionomia precisa, distinta da quella del giudice che ha un altro compito. Dunque, se il ddl diventerà legge sarà impossibile il passaggio da una funzione all’altra, peraltro già oggi permesso una volta sola nella carriera. Si ostruiscono due circuiti non comunicanti.

Due Csm

E infatti il Csm si sdoppia. Nascono il Csm della magistratura giudicante e quello della magistratura requirente, presieduti tutti e due dal Presidente della Repubblica. Dalle parti del centrodestra c’è chi sostiene che in Parlamento poi si aprirà una trattativa, verso soluzioni più soft o se si vuole un po’ più annacquate: per esempio un solo Csm ma con due sezioni. Si vedrà. La separazione dei Csm elimina incroci pericolosi e imbarazzanti: oggi a Palazzo dei Marescialli un pm può trovarsi a decidere la carriera di un giudice che magari ha bocciato in sentenza una sua inchiesta. Questo non dovrebbe più accadere.

Il sorteggio

È uno dei passaggi più interessanti della riforma. I membri togati, due terzi di ciascun consiglio, sono scelti con un sorteggio secco. E dunque la sorte, imprevedibile, dovrebbe spezzare i legami opachi e sotterranei dettati dai giochi di potere e dagli scambi di favore fra correnti. Ma anche i laici, novità rispetto al testo che era stato portato l’altra sera al Quirinale, saranno sorteggiati, anche se si tratta di un sorteggio temperato: verranno pescati da un elenco di avvocati con almeno quindici anni di carriera e professori universitari ordinari in materie giuridiche, eletti dal Parlamento.

L’Alta corte

Altra grande novità, attesa da molti anni e anticipata dal Giornale ieri. Va in pensione la Sezione disciplinare del Csm, lo storico e discusso tribunale dei giudici, e al suo posto nasce un’Alta corte, esterna ai due Csm, così da scongiurare riflessi corporativi davanti a errori e mancanze. Insomma, il giudizio disciplinare viene portato fuori dal Csm. L’Alta corte è composta da quindici membri. Tre sono nominati dal Quirinale fra professori universitari ordinari e avvocati con almeno vent’anni di servizio, tre dal Parlamento in una rosa che ha le stesse caratteristiche, sei dalla magistratura giudicante e tre dalla requirente, sempre con sorteggio secco, ma dentro un perimetro molto più ristretto. Devono avere almeno vent’anni di anzianità e aver svolto un pezzo della propria carriera in Cassazione.

Obbligatorietà dell’azione penale

L’articolo 112 della Costituzione non viene sfiorato dal ddl Meloni-Nordio. In generale, nei sistemi di matrice accusatoria l’azione penale è discrezionale, ma questo nel nostro Paese avrebbe fatto gridare allo scandalo, all’impunità dei potenti e certo avrebbe generato una più che comprensibile inquietudine. Così si è deciso di non spingere in questa direzione.

Accesso alla professione

L’articolo 106 dice che l’accesso alla professione avviene per concorso. La situazione rimarrà la stessa o si passerà a due concorsi? L’articolo 8 del ddl rimanda per un ventaglio di temi a leggi ordinarie che dovrebbero essere approvate entro un anno dall’entrata in vigore della riforma. Si farà una legge che regolamenterà i due percorsi formativi? Non è una domanda retorica, perché le due figure, il giudice e il pm, dovrebbero avere profili e culture diverse. Il pm si avvicina all’investigatore, il giudice deve essere sopra le parti e avere qualità di equilibrio. Ma all’orizzonte si intravede un compromesso all’italiana.

Il pm sarà staccato ma potrebbe avere lo stesso apprendistato di chi emette il verdetto. E insomma in questo caso rimarrebbe parente stretto del giudice. In compenso, l’avvocato, a scorrere il testo, non entra più in Costituzione come era stato annunciato.

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