Accesa discussione a Otto e mezzo tra Massimo Giannini e Italo Bocchino. Tutto nasce prendendo spunto dal caso dei giornalisti fermati e portati in questura dai poliziotti durante la manifestazione di Ultima generazione che poi si è scoperto, stando alle dichiarazioni della stessa Questura di Roma, che si è trattato di un controllo a fronte della mancata possibilità di identificazione certa. “Reduce dal programma di Fazio, dove avevo criticato la maggioranza, sono andato a dormire e 4 agenti di polizia mi hanno svegliato alle 4 di notte per notificarmi una querela per diffamazione. Siamo all’intimidazione della stampa“, ha raccontato il giornalista, ex direttore de La Stampa.
Poco prima, il giornalista aveva dichiarato che il governo Meloni utilizza due pesi e due misure tra le manifestazioni del dissenso. “Con le constituencies elettorali di questa maggioranza, che protestano talvolta anche in modo violento, si adotta si adotta una strategia di tolleranza. Con tutto ciò che rappresenta il dissenso rispetto a questa maggioranza, coalizione e il partito che guida questo governo si utilizza il manganello, l’intimidazione“, ha dichiarato l’ex direttore de La Stampa, preparando poi il terreno per raccontare il proprio aneddoto. Una ricostruzione che, però, non convince Bocchino, direttore del Secolo d’Italia: “Sogni i manganelli la notte“.
Quindi, replicando al racconto della polizia nella camera d’albergo alle 4 del mattino, Bocchino chiede a Giannini se quello che è accaduto, che lo stesso ex parlamentare definisce come una “follia”, è stato denunciato, ottenendo risposta negativa dal collega giornalista. “Tu pensi che questi errori abbiano una regia politica?“, incalza Bocchino. Giannini, dalla sua, ne è convinto. Anzi, dice che “non c’è alcun dubbio” in merito perché “qualcuno ha dato ordine agli agenti di polizia di notificare una querela alle quattro del mattino“.
Così come, prosegue Giannini, “avevano dato ordine di identificare il loggionista della Scala“.
Il riferimento in questo caso è all’uomo che alla prima del teatro alla Scala di Milano urlò “viva l’Italia antifascista” e venne identificato, senza ovviamente conseguenze, dalla Digos. Ma per Bocchino non ci sono retropensieri e chissà quali complotti dietro il caso di Giannini: “Hanno fatto una fesseria i poliziotti“.