Nei saloni davanti alla buvette di Palazzo Madama il presidente Ignazio La Russa lo ammette con quella punta di realismo che contraddistingue il politico puro: «Io avrei voluto che la riforma del premierato fosse approvata in questo ramo del Parlamento prima del voto europeo, ma ormai è chiaro che non ce la faremo». Sarà per questo probabilmente che l’aria al Senato non è quella dello scontro cruento evocato da Elly Schlein quando ha annunciato che i parlamentari del Pd si sarebbero opposti alla riforma allo stremo, usando i propri «corpi». Non c’è un’atmosfera che ricorda, com’era nella speranza della leader del Pd, qualche pagina risorgimentale tipo le cinque giornate di Milano o le mobilitazioni antifasciste del passato.
L’aula è semideserta, il dibattito in alcuni casi è lunare. Detto questo l’ostruzionismo c’è. Eccome. Ed è quello che conta per i tempi di approvazione della riforma. Le opposizioni infatti hanno presentato tremila emendamenti, che sono tanti, più o meno quelli che presentò l’opposizione dell’epoca (c’erano anche Salvini e la Meloni) contro la riforma istituzionale di Matteo Renzi, quella che puntava ad abolire il Senato.
Anche allora ci fu uno scontro duro in aula e nella tattica ebbe un ruolo non indifferente l’allora presidente del Senato, Pietro Grasso. Oggi il delicato compito dell’arbitro – sempre scabroso in simili frangenti – ricade sull’attuale inquilino di Palazzo Madama, Ignazio La Russa. E nel rispetto della teoria dei corsi e ricorsi storici, gli strumenti che La Russa è pronto ad usare sono gli stessi che suscitarono tante polemiche 7 anni fa. In fondo cambiano i volti e i colori ma la sceneggiatura dei duelli parlamentari sulle riforme è sempre la stessa: la maggioranza vuole approvare in tempi brevi; l’opposizione vuole rallentare il più possibile i lavori per assicurarsi un palcoscenico. «Se continuano con questi ritmi e con questa storia dei tremila emendamenti – spiega La Russa – se mi sarà chiesto userò il canguro».
Già, «il canguro», lo strumento parlamentare che Grasso tra mille polemiche tirò fuori dal taschino due legislature fa per fiaccare la resistenza di Fratelli d’Italia e Lega. Anche se poi a ben vedere il «canguro» non è l’arma finale. «Anche con quello – è il ragionamento di La Russa – al massimo si riesce a ridurre gli emendamenti da tremila a mille. Non è che risolvi il problema. Ecco perché se l’opposizione non cambierà atteggiamento l’unica strada è quella del contingentamento dei tempi, cioè si fissa un calendario e alla fine si vota. È una cosa che non posso decidere io ma la conferenza dei capigruppo».
Appunto, come sette anni fa.