È il solito marasma italiano. Ritardi burocratici. Lotte politiche e guerre di campanile. Ambientalisti pronti ad abbracciare gli alberi e Tar sommersi di ricorsi. Lievitazione dei costi. Mancava giusto la Procura e la Procura di Milano è arrivata. Anche se il ministero delle Infrastrutture prova a scansare la tegola appena caduta: «Le attività investigative non influenzeranno l’andamento dei lavori».
Certo, non è il massimo per un convoglio che si è mosso in ritardo e deve correre contro il tempo: il caso più clamoroso è quello della pista per il bob, lo slittino e lo skeleton a Cortina. Per lungo tempo si è sfogliata la margherita: la facciamo a Cesana, recuperando il Piemonte che a sua volta era stato tagliato fuori dalle scelte autarchiche di Chiara Appendino, sulle rovine dell’olimpica di Torino 2006, o a Cortina, sui resti della leggendaria Eugenio Monti? Il tira e molla. Con mille questioni e arzigogoli, è andato avanti oltre ogni indecenza e alla fine si sono affacciati gli austriaci, gli svizzeri, addirittura gli americani, proponendo un’incredibile delocalizzazione a Lake Placid. Alla fine l’ha spuntata il Veneto, ma il Cio resta con i fucili puntati: con una battuta si potrebbe dire che, cronometri alla mano, la prima gara del programma è proprio la realizzazione del mitico circuito che dovrebbe costare, secondo Luca Zaia, 100-120 milioni. Una sbavatura, una sola, e Milano-Cortina potrebbe allungarsi appunto a St. Moritz o Innsbruck. Il tutto fra le proteste degli ecologisti che reclamavano la salvaguardia del bosco, sacrificato per far sfrecciare la formula 1 del ghiaccio. Ed è notizia di ieri l’interrogazione alla Commissione europea da parte dell’onorevole 5 Stelle Sabrina Pignedoli: «Uno scempio che sta devastando la montagna».
Ma la storia di questi giochi è anomala fin dall’inizio. Le Olimpiadi nascono dall’alleanza fra Lombardia e Veneto, più i Comuni di Milano e Cortina. Inevitabile che ciascuno cerchi di rosicchiare l’osso destinato all’altro, poi ci sono gli equilibri politici: Sala e Fontana non sono proprio allineati.
Ma soprattutto almeno all’inizio lo Stato Italiano è assente. O meglio, c’è il Coni e stop. Poi in un incontro con Mario Draghi, si decide di far entrare nella Fondazione Milano-Cortina anche la Presidenza del consiglio, insieme alle province di Trento e Bolzano. Cambiano gli assetti e l’amministratore delegato Vincenzo Novari, entrato in quota 5 Stelle, viene scaricato e sostituito in corsa da Andrea Varnier. La Fondazione dovrebbe reperire le risorse per finanziare le gare, ma a quanto pare fra diritti televisivi, biglietteria, sponsor e merchandising finora ha incassato solo le briciole. O poco più.
Anche sul fronte delle opere pubbliche, impianti e viabilità, siamo col fiato corto.
L’arena di Santa Giulia, alla periferia di Milano, una delle opere simbolo di questa kermesse, resta a lungo in stallo per i ricorsi. Poi finalmente il Palaitalia si sblocca e Sala assicura che non ci saranno brutte sorprese, ma certo siamo sul filo. Del bidello del bob abbiamo già detto: siamo dentro una commedia dell’assurdo che si fatica a comprendere. E pure il pattinaggio di velocità vive il suo piccolo, grande dramma: le competizioni all’inizio vengono assegnate a Baselga di Pinè, in Trentino. Poi si scopre che l’anello esistente deve essere ristrutturato con costi pesantissimi, compresa la copertura, e il governatore Maurizio Fugatti, diventato famoso in tutta Italia per la caccia agli orsi, è costretto dolorosamente a sfilarsi.
Qualcosa si è fatto, qualcosa fatalmente dopo i Giochi. Anche la Simico, la società pubblica che realizza le infrastrutture, viene decapitata un paio di mesi fa: arriva l’architetto Fabio Massimo Saldini, finora ai vertici di Pedemontana, che subentra al vecchio commissario Luigi Valerio Sant’Andrea.
Certo, per chi abbia qualche pallida reminiscenza classica, quel nome, Fabio Massimo, rimanda al Temporeggiatore, non proprio di buon auspicio a meno di due anni dalla cerimonia di apertura. E con un quadro complessivo da figuraccia: le tangenziali di Sondrio e Tirano quasi di sicuro verranno aperte al traffico dopo le Olimpiadi. Comunque, il 6 febbraio 2026 si comincia. Dove? A San Siro, altro gioiello incastrato fra vincoli e demolizioni.
Si spera nel solito miracolo tricolore.