Il tallone d’Achille degli Usa nell’Indo-Pacifico? Le basi militari e gli aerei statunitensi, che risultano essere i bersagli più vulnerabili di eventuali attacchi missilistici cinesi. Lo hanno scritto, nero su bianco in una lettera indirizzata al segretario dell’Aeronautica Usa, Frank Kendall, e al segretario della Marina Usa, Carlos Del Toro, 13 membri del Congresso degli Stati Uniti, sottolineando le evidenti debolezze del loro Paese e chiedendo immediati cambiamenti. “Siamo preoccupati per l’allarmante mancanza di urgenza da parte del Dipartimento della Difesa nell’adottare tali misure difensive“, hanno scritto i citati legislatori, riferendosi alla necessità di adottare misure impellenti contro la Cina, come il rafforzamento dei rifugi per aerei e una riorganizzazione generale delle forze impiegate nella regione.
L’allarme militare degli Usa
In estrema sintesi, le basi e gli aerei statunitensi nel Pacifico si trovano ad affrontare la grave minaccia dei missili cinesi e il Pentagono non starebbe facendo abbastanza per contrastare questa minaccia. La lettera dei legislatori Usa dipinge un quadro terribile, nel quale emerge una Cina dotata di una forza missilistica formidabile e munita di un numero crescente di missili balistici e lanciatori, nonché della capacità di sopraffare potenzialmente le difese statunitensi nella regione. “Con le sue attuali capacità di attacco“, hanno scritto i legislatori, “la Cina può attaccare tutte le basi statunitensi nella regione, prendendo di mira i militari statunitensi da Okinawa a quelli nei territori statunitensi di Guam e nel Commonwealth delle Isole Marianne Settentrionali“.
In caso di un conflitto, le conseguenze di quanto contenuto nella missiva sono gravissime. Il Dragone potrebbe infatti immobilizzare le risorse aeree di Washington impedendo alle forze americane e a quelle dei suoi alleati di rispondere ad un’eventuale grande guerra nel Pacifico. È stato fatto presente, inoltre, che molte delle basi statunitensi situate a quelle latitudini non siano adeguatamente protette, lasciando aerei e risorse vulnerabili di fronte ad eventuali attacchi nemici.
Il motivo di una simile apprensione è presto spiegata. Gli aerei militari sono esposti su campi d’aviazione e in hangar facilmente individuabili, e mentre le difese attive – come i sistemi di difesa aerea e missilistica – sono dispiegabili, l’enorme quantità di missili cinesi in grado di essere lanciati significa che le strutture americane devono avere anche difese passive (oltre a capacità sufficienti di generare una risposta in seguito a un attacco).
Un possibile tallone d’Achille
I legislatori hanno anche scritto che “è evidente che il Pentagono non sta perseguendo con urgenza le necessarie difese passive“. Nella lettera si parlava inoltre di una differenza “sconcertante” tra il numero di rifugi antiaerei cinesi e statunitensi nel Pacifico. La Cina ne avrebbe infatti costruiti più di 400 rispetto ai soli 22 degli Stati Uniti. In particolare, nessuno dei rifugi statunitensi si trovava a Guam, sede della base aerea di Andersen, che ospita abitualmente bombardieri americani. Creare più strutture del genere potrebbe aiutare Washington a rafforzare le proprie difese in un’area critica,
I legislatori hanno inoltre fatto presente che nessun progetto di rafforzamento delle basi nel Pacifico fa parte del bilancio dell’anno finanziario 2024, e hanno anche evidenziato i progetti non finanziati nella regione che “riflettono una profonda mancanza di serietà nel rafforzare le basi statunitensi più vicine alla Cina e quindi più vulnerabili agli attacchi cinesi“.
Lo scorso autunno, il rapporto del Pentagono sulle forze armate cinesi ha documentato un significativo potenziamento di tutte le sue branche, in particolare della sua Forza missilistica.
Tutti i missili cinesi in grado di colpire le forze statunitensi nella regione del Pacifico sono aumentati di numero dal 2021 al 2022, e alcune scorte sono addirittura raddoppiate, ha spiegato il South China Morning Post.