Toti studia le carte per scagionarsi. “Tutte donazioni, non tangenti”

La memoria difensiva di Toti - Leggi il documento integrale

Si attende a giorni la convocazione di Giovanni Toti in Procura a Genova. Il governatore, ai domiciliari con l’accusa di corruzione, ha chiesto di farsi interrogare: «Ha l’esigenza di farsi sentire», ha ripetuto ieri il suo legale Stefano Savi. E dall’interrogatorio passano anche le successive mosse legali e politiche del presidente della Regione. Solo dopo aver parlato con i pm, ha spiegato il suo avvocato, si farà istanza di revoca degli arresti domiciliari al gip. In caso di diniego si andrà al Riesame, ma solo in un successivo momento e solo sui presupposti delle esigenze cautelari. Comunque, «prima di ogni altra cosa attendiamo l’interrogatorio», ha precisato Savi. Una certezza: l’ipotesi di dimissioni «non è un tema» finché Toti non parlerà con i pm. Il governatore è convinto di poter spiegare che i 74mila euro arrivati ai suoi comitati elettorali da Aldo Spinelli, l’imprenditore della logistica a cui è stata prorogata per 30 anni la concessione del Terminal Rinfuse del porto di Genova, non erano mazzette ma donazioni legittime, tutte tracciate in modo trasparente. E che gli atti contestati come favori all’imprenditore, il presunto do ut des della corruzione, sarebbero invece stati fatti sempre nell’«interesse pubblico» e di tutti gli attori economici. Lo dimostrerebbero atti amministrativi decisi nell’interesse di tutti, «non solo di chi ha fatto versamenti ai comitati, ma anche di chi non ha mai finanziato con un euro» l’attività politica del governatore, chiarisce il legale. Provvedimenti insomma slegati dai bonifici ricevuti. Toti potrebbe rivendicare, come già ribadito dal difensore, di avere svolto «l’attività politica alla luce del sole», che i finanziamenti «sono stati fatti secondo la legge» e che «non ci sono stati vantaggi personali». Nel merito dell’accusa principale, quella della proroga della concessione del terminal a Spinelli, si ricorderà che quel dossier era arrivato in Regione dopo il sì di altri enti, e con un testo scritto da altri. «La valutazione dei 30 anni non è stata fatta da Toti. Il testo era stato prodotto dagli uffici dell’autorità portuale con le altre autorità» competenti, dice il legale. Il governatore avrebbe solo voluto «evitare di nuovo dei conflitti e chiudere su un testo presentato da altre autorità». Non solo. Dalle carte emerge che Spinelli per ottenerla avrebbe voluto premere anche sul sindaco di Genova Marco Bucci, estraneo all’inchiesta. Insomma, lo «zar» del porto che davanti al gip per difendersi ha dichiarato di aver subito «pressioni» da Toti, sarebbe stato a sua volta alquanto attivo. Quanto alla privatizzazione della spiaggia di Punta dell’Olmo, a cui Spinelli ambiva perché lì ci aveva costruito un complesso immobiliare, questa non si è mai realizzata. Tanto che l’imprenditore avrebbe detto al giudice di essersi sentito «preso in giro» da Toti. «Non c’è stata alcuna pressione perché era pacifico che non fosse fattibile, forse però qualcuno continuava a chiederlo in modo petulante», spiega Savi.

E poi c’è il modo di fare politica e di amministrare il territorio, quel pragmatismo sempre rivendicato da Toti. “Gli operatori portuali sono 5 o 6 e sono sempre gli stessi. E’ chiaro che ci si siede, si parla, si cercano soluzioni”, dice Savi. Con Spinelli non ci sarebbe stata amicizia, ma solo “consuetudine”.

Quanto alla Diga foranea, lo ha precisato lo stesso procuratore di Genova Nicola Piacente, “non c’entra nulla con questa indagine”.

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