Maurici e i gemelli Testa sconfessano la tesi dei voti del clan di Riesi. “Mai chiesto lavori”

Le abitudini dei giudici generano mostri

L’ombra di Cosa Nostra alle tornate elettorali in Liguria. E in cambio di voti, la promessa di case popolari e di posti di lavoro per i parenti. I protagonisti di questo capitolo della maxi-inchiesta genovese, che si concentra su ben altre presunte tangenti, sono i gemelli Arturo Angelo Testa e Italo Maurizio Testa, per cui la gip Paola Faggioni ha disposto l’obbligo di dimora a Boltiere, nella bergamasca, per corruzione elettorale aggravata per avere favorito il clan Cammarata.

Ai voti della comunità riesina, arruolati per sostenere il governatore Toti alle regionali, Matteo Cozzani arriva tramite Alessandro Sorte, non indagato. «Toti – si difende Arturo Angelo Testa, dopo l’interrogatorio di garanzia – lo conosco da quando era coordinatore nazionale di Forza Italia. Noi non abbiamo mai chiesto posti di lavoro». Il fratello, invece, si è avvalso della facoltà di non rispondere. «Questa era una delle tante campagne elettorali. Io non ho convinto nessuno dei riesini, chi è di centro destra vota centro destra e chi è di centro sinistra vota centro sinistra – ha aggiunto. Dalle carte della maxi indagine della procura e della guardia di finanza, emerge che i fratelli si sarebbero interessati non solo alle regionali in Liguria di settembre 2020, ma anche a quelle di Genova e Treviglio. E vengono tirati in ballo anche a febbraio 2022, quattro mesi prima delle elezioni comunali in cui poi verrà eletto il sindaco Marco Bucci, non indagato. Le cimici della finanza captano una riunione nell’ufficio del governatore. Si parla di nuovo dei Testa, ed è proprio Toti a citarli per primo. «Oh mio Dio… i riesini no», dice Cozzani. «Stacci lontano che quelli lì ci mandano in galera…», replica Marcella Mirafiori, capo di gabinetto. «No, quelli mi squartano», continua Cozzani, conscio delle promesse (di posti di lavoro) non mantenute. E il governatore: «Ma perché, non gli abbiamo dato dei soldi?».

Sempre ieri è stata la volta dell’interrogatorio di Venanzio Maurici, ex sindacalista della Cgil, riesino come i Testa. Maurici, a cui la gip ha imposto l’obbligo di firma, è considerato dagli inquirenti il referente del clan Cammarata. Si è avvalso della facoltà di non rispondere. «Smentisco di avere aiutato Toti, cosa che per me è infamante», ha spiegato e ha negato qualsiasi rapporto con Cosa Nostra. Quanto ai Testa, l’ex sindacalista ha detto «non abbiamo rapporti. Io sono di sinistra e loro di destra». Lunedì davanti alla gip Aldo Spinelli (nella foto), l’84enne imprenditore patron della logistica del porto, ha respinto tutte le accuse di corruzione. «Tutti i versamenti sono alla luce del sole. Ha anche dato soldi alla Emma Bonino, che nemmeno conosce», ha detto il suo avvocato Andrea Vernazza. Ieri la leader di +Europa ha replicato con una nota. «Non risultano contributi suoi o di sue società a +Europa.

E ancora: «Ammesso e non concesso che lo abbia davvero fatto, si tratterebbe di una contributo a norma di legge e certamente senza nulla in cambio se non la legittima soddisfazione di sostenere un’idea».

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