Spinelli si difende: “Quale corruzione? Finanziavo tutti, anche la Bonino”. E sulla sanità l’inchiesta si sgonfia

Spinelli si difende: "Quale corruzione? Finanziavo tutti, anche la Bonino". E sulla sanità l'inchiesta si sgonfia

Gli Spinelli non salvano il governatore Toti. Pensano piuttosto a salvare se stessi. L’ex patron del Genoa e del Livorno, zar della logistica del Porto, solito sorriso sornione, aplomb invidiabile, sicurissimo di sé, ha parlato direttamente ai giornalisti all’uscita dall’interrogatorio di garanzia. «Ho detto tutto, ho detto tutto. Penso di essermi meritato la libertà»: e quando un arrestato dice così, per i suoi coindagati non è mai una buona notizia.

L’interlocutore era la gip Paola Faggioni, a cui il più ricco degli indagati ha risposto per un paio d’ore, alla presenza del pm Luca Monteverde. La sua è stata una difesa «alla Spinelli». Ha ammesso i rapporti con la politica, ma sempre agendo «per gli interessi comuni» del porto, mai per un suo tornaconto personale. «Ha un quarto degli altri e ha investito quattro volte gli altri», ha riferito l’avvocato Andrea Vernazza, che lo assiste da anni. L’ottantaquattrene imprenditore ha respinto al mittente le accuse di corruzione, «tutti i versamenti fatti sono alla luce del sole, in chiaro e con bonifico». Spinelli ha spiegato di avere finanziato in vita sua altri partiti, «ha anche dato soldi alla Emma Bonino – dice il difensore – che nemmeno conosce». La differenza, dal punto di vista della Procura, è che la Bonino non gestiva le concessioni del porto di Genova. Sul figlio di Spinelli, Roberto (nella foto), secondo la difesa, invece non c’è nessun elemento: «Non c’entra nulla».

Intanto l’inchiesta genovese coordinata dal procuratore aggiunto Vittorio Miniati si è rivelata un pop-up, come quei libri che si sfogliano e disvelano una stampa 3d multicolore e multiforme. Il nuovo capitolo riguarda la sanità: qui ci sono di mezzo almeno tre filoni. Il primo, che, come anticipato già ieri, viaggerebbe verso l’archiviazione per mancanza di elementi, riguarda i presunti dati gonfiati sui malati Covid in regione Liguria, inviati alla struttura commissariale guidata dal generale Francesco Paolo Figliuolo. Tra gli atti della maxi inchiesta, che va avanti da 4 anni e che ha prodotto 8 faldoni e 9mila pagine tra atti e intercettazioni, alcune conversazioni ritenute rilevanti dagli inquirenti. Eccone una, a proposito dei dati Covid. Matteo Cozzani, capo di Gabinetto della Regione Liguria, anche lui ai domiciliari, in un dialogo intercettato il 24 marzo 2021 con Filippo Ansaldi, dell’agenzia sanitaria ligure e Politiche Barbara Rebesco, che della stessa agenzia è direttrice del settore Politiche del farmaco (questi ultimi due non sono indagati). «Due cose, mica mi potresti girare le coperture vaccinali che abbiamo stimato con tanta sagacia e precisione ieri pomeriggio?», dice Ansaldi. E poco dopo: «Sì perché li abbiamo calcolati ieri pomeriggio quindi è colpa nostra». Risponde Cozzani: «Con un sistema statistico abbastanza definito, perché Toti li ha voluti in dieci minuti, se vuoi te lo enuncio anche qual è il modello (…) a cazzo, si direi proprio un modello Us, studiato ad Harvard».

Sempre sanità, altro capitolo. E cioè una presunta frode sulle forniture sanitarie durante il Covid, tra cui le mascherine, a cui gli inquirenti arrivano piazzando le cimici per indagare sulle presunte elargizioni di voti della comunità riesina alla lista del presidente Giovanni Toti. Voti a cui, stando all’inchiesta, Matteo Cozzani arriva tramite Arturo Angelo Testa, fratello gemello di Italo Maurizio Testa, entrambi di Riesi, in provincia di Caltanissetta.

Gli indagati della presunta associazione sembrano puntare a diventare fornitori delle scuole, facendo leva su Domenico Cianci, recordman di preferenze alle regionali 2020. «E se con Cianci si arrivasse a Toti – dice intercettato Edoardo Boldrini, ritenuto tra i promotori dell’associazione a un altro sodale – per le mascherine, visto che abbiamo anche le mascherine da bimbo, sarebbe un bel colpo eh (…) perché lì si parla di milioni di pezzi. Visto che lui vuole una mano… una mano lava l’altra e tutte e due lavano il viso». Secondo la guardia di Finanza, queste intercettazioni rappresentano «plurime condotte di illecita commercializzazione di prodotti sanitari, in sfregio anche ad elementari norme di tutela della salute e nell’esclusiva prospettiva di massimizzare i propri illeciti guadagni». Ma l’esistenza di un’ipotesi di reato anche per questa vicenda non trova conferme in Procura. Terzo capitolo che riguarda la sanità, infine, riguarda i finanziamenti elargiti da alcuni imprenditori del settore al Comitato Change di Giovanni Toti.

Anche qui non vi sarebbero addebiti specifici, ma l’attenzione è comunque focalizzata sulle elargizioni che potrebbero avere avuto contratti e convenzioni come contropartita.

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