La senatrice a vita Liliana Segre fa sentire in maniera chiara il suo netto no alla riforma del premierato e lo fa in occasione del suo discorso tenuto nell’Aula del Senato dove è in corso l’esame del testo del disegno di legge costituzionale. Giusto il tempo per ringraziare il presidente di turno, il leghista Gian Marco Centinaio, che le ha dato la parola esprimendole la solidarietà di Palazzo Madama per le minacce ricevute ed ecco che la Segre prende la parola per esprimere tutto il suo dissenso nei confronti della riforma Casellati.
Con l’elezione diretta del presidente del Consiglio avremmo “un drastico declassamento a danno del capo dello Stato, non solo privato di fondamentali prerogative, ma costretto a guardare dal basso all’alto un premier forte dell’investitura popolare“. La Segre prosegue poi nel ribadire che “riformare la Costituzione non sia una drastica necessità del nostro paese”. Non dubita delle buone intenzioni della ministra Casellati, ma poiché “a mio giudizio il ddl Costituzionale proposto dal governo presenta vari aspetti allarmanti, io non posso e non voglio tacere”. Il rischio concreto è che tutto il rinnovamento previsto, dalla scelta del capo dello Stato fino al “controllo della Corte Costituzionale e degli altri organismi di garanzia“, finisca “sotto il dominio assoluto di un capo del governo dotato di fatto di un potere di vita e di morte sul Parlamento“, osserva la senatrice a vita.
Con l’entrata in vigore voluta fortemente da Giorgia Meloni ci sarebbe quindi uno “stravolgimento profondo che ci espone a problemi e pericoli maggiori, non è facilmente comprensibile il motivo di questa scelta perché sia l’obiettivo di una maggiore stabilità dei governi, che quello dell’elezione diretta, si potevano perseguire adottando modelli ampiamente diffusi nelle democrazie occidentali che non ci esponevano ai rischi di questo cosiddetto premierato“. Sulle riforme costituzionali invece, continua, occorrerebbero “non prove di forza o sperimentazioni temerarie, ma generosità, lungimiranza, grande cultura costituzionale e rispetto scrupoloso del principio di precauzione. Non tutto può essere sacrificato in nome dello slogan ‘scegliete voi il capo del governo!’. Anche le tribù della preistoria avevano un capo, ma solo le democrazie costituzionali hanno separazione dei poteri, controlli e bilanciamenti, cioè gli argini per evitare di ricadere in quelle autocrazie contro le quali tutte le Costituzioni sono nate“, continua Segre.
L’attivista e politica 93enne, superstite dell’Olocausto, tiene ad aggiungere che “il motivo ispiratore di questa scelta avventurosa non è facilmente comprensibile, perché sia l’obiettivo di aumentare la stabilità dei governi sia quello di far eleggere direttamente l’esecutivo si potevano perseguire adottando strumenti e modelli ampiamente sperimentati nelle democrazie occidentali, che non ci esporrebbero a regressioni e squilibri paragonabili a quelli connessi al cosiddetto premierato“. Per poi sferzare ulteriormente: “Mi colpisce il fatto che oggi, di fronte alla palese mortificazione del potere legislativo, si proponga invece di riformare la Carta per rafforzare il già debordante potere esecutivo“. In ogni caso, se proprio si vuole riformare, bisognerebbe “farlo con estrema attenzione“.
Citando infine Giacomo Leopardi, la senatrice ritiene in conclusione che “il legislatore che si fa costituente è chiamato a cimentarsi in un’impresa ardua: elevarsi, librarsi al di sopra di tutto ciò che dall’ultimo orizzonte il guardo esclude“. Sollevarsi quindi idealmente tanto in alto da perdere di vista le convenienze e le discipline di partito, tutto ciò che sta nella realtà contingente, per tentare di scrutare quell'”infinito nel quale devono collocarsi le Costituzioni.
Solo da quest’altezza si potrà vedere come meglio garantire una convivenza libera e sicura ai cittadini di domani, anche in scenari ignoti e imprevedibili“.