Il copione è sempre lo stesso, da mesi non delude le aspettative e rispetta i pronostici: da una parte il governo intende accelerare sulla riforma della giustizia, dall’altra l’Associazione nazionale magistrati (Anm) espone al vento una valanga di criticità e va sulle barricate. Nulla di nuovo. A ribadire la netta contrarietà è stato lo stesso Giuseppe Santalucia che, intervenuto a margine del 36° congresso a Palermo, ha confermato l’approccio di grande perplessità verso il cantiere dell’esecutivo sul fronte della giustizia.
Nordio media, Santalucia va all’attacco
Il presidente dell’Anm prima ha messo le mani avanti e ha respinto la narrazione secondo cui ci sarebbe un pregiudizio negativo a discapito delle riforme, poi è andato all’attacco e ha iniziato a elencare dei distinguo: “Ci sono quelle buone e quelle cattive“. E così ha rivendicato il “no” avanzato verso una riforma la cui colpa sarebbe quella di non apportare “alcun beneficio alla giustizia“. Ovviamente il tutto condito con il solito ritornello stonato che riecheggia quando si parla di riforma della giustizia: “Porrebbe in pericolo l’indipendenza della magistratura“.
Eppure ieri Carlo Nordio ha imboccato la strada per un tentativo di mediazione proprio per evitare uno scontro frontale. Il Guardasigilli, cercando ricucire un rapporto che spesso è stato turbolento, ha provato a favorire un dialogo che – seppur franco e schietto – si pone l’obiettivo di scongiurare un conflitto tra politica e magistratura. Spiegando che c’è disponibilità all’ascolto delle critiche e del dissenso, ovviamente tenendo fermi alcuni princìpi cardine.
Nordio si è espresso a chiare lettere sul tema dell’indipendenza del pubblico ministero nei confronti di qualsiasi autorità, a cominciare dal potere esecutivo: “Per me è un principio non negoziabile, è un dogma non trattabile“. Ma evidentemente il tentativo di mediazione e la rassicurazione del ministro della Giustizia non hanno convinto Santalucia, che non intende spostarsi dalla sua visione e – tirando dritto – rimane perplesso sul fatto che il pm del domani che verrà disegnato avrà la stessa indipendenza di quello odierno.
“Teniamoci l’indipendenza che abbiamo già“, è la ricetta del tutto innovativa proposta dal presidente dell’Associazione nazionale magistrati. La cui volontà di innovare la galassia della giustizia parla da sola. In sostanza la posizione può essere riassunta così: perché mai bisognerebbe partorire delle riforme costituzionali quando si è delineato il rapporto della magistratura con gli altri poteri? Santalucia ha le idee chiare: l’assetto costituzionale attuale ha consentito alla magistratura “di essere protagonista della crescita della nostra democrazia“.
Dunque porte chiuse alla riforma che ha in mente Nordio. Il numero uno dell’Anm ha inoltre lanciato una sorta di avvertimento, affermando che i magistrati possono e devono partecipare alla discussione pubblica: “Abbiamo posto l’attenzione su alcune regole di comportamento, ma questo non significa fare dei magistrati soggetti che devono stare in una zona d’ombra, in silenzio coatto“. L’auspicio è che il ministro Nordio, al di là dei soliti bastoni tra le ruote, proceda sulla strada di una riforma non più procrastinabile: la separazione delle carriere è nel programma elettorale del centrodestra che ha vinto le elezioni il 25 settembre 2022 e, pur rispettando i tempi lunghi che una revisione costituzionale richiede, bisogna centrare il traguardo di una netta distinzione tra pubblico ministero e giudice.
La mozione approvata
La mozione congressuale, approvata all’unanimità, ribadisce il “no” alla separazione delle carriere: “Non è affatto funzionale a garantire la terzietà del giudice, ma appare piuttosto uno strumento per indebolire in modo sostanziale il ruolo del pubblico ministero e, conseguentemente, la funzione di controllo di legalità rimessa al giudice e lascia presagire che venga agitata come strumento di ritorsione e minaccia nei confronti della magistratura tutta“.
Quanto al Consiglio superiore della magistratura, viene affermato che le riforme prospettate “indebolirebbero fatalmente l’organo di autogoverno dei magistrati, riducendone le competenze, eliminando quelle di maggior rilievo, compromettendone l’autorevolezza e alterando la proporzione tra componenti laici e togati“.
Tutti gli iscritti sono stati invitati a prendere parte a “una mobilitazione culturale e comunicativa che faccia comprendere i rischi che questa comporta per l’effettiva tutela dei diritti dei cittadini e per la scrupolosa osservanza delle loro garanzie costituzionali“.