Nell’album delle figurine della magistratura c’è uno spazio cruciale per il futuro delle toghe. Una casella che si è riempita due mesi fa con un nome che fotografa plasticamente – se ce ne fosse ancora bisogno – l’intesa che Magistratura indipendente sta costruendo con i «rivali» di centrosinistra di Area e la corrente moderata di Unicost, orfana di Luca Palamara ma per nulla estranea alle manovre di palazzo sulle nomine. Il 6 marzo scorso il presidente emerito della Corte Costituzionale Silvana Sciarra è stata eletta come componente del direttivo della Scuola superiore della magistratura, l’istituzione che si occupa dell’alta formazione dei magistrati, per affiancare i sei magistrati togati nominati dal plenum del Csm.
La nomina della giuslavorista, la prima donna eletta dal Parlamento alla Consulta nel 2014 (il cui mandato era scaduto l’11 novembre 2023) ha lasciato qualche strascico in Parlamento – che non l’ha ancora sostituita nonostante le tre sedute comuni, l’ultima il 23 aprile – e dentro il Csm, come emerge dalla delibera di nomina, approvata a maggioranza con quattro astensioni, quelle dei laici di centrodestra Daniela Bianchini, Claudia Eccher, Felice Giuffrè ed Enrico Aimi. Una settimana dopo, infatti, il nuovo comitato direttivo appena insediato a villa Castelpulci, a Scandicci (Firenze) l’ha eletta presidente per acclamazione assieme ai suoi vice Ines Maria Luisa Marini e Federico Vianelli.
Una spaccatura che ha iniziato a incrinare la nuova consiliatura nell’ex Palazzo de’ Marescialli, oggi intitolato all’ex vicepresidente Csm Vittorio Bachelet, ucciso dalle Br il 12 febbraio 1980. Nonostante gli sforzi del presidente della sesta commissione Marcello Basilico di Area, sulla Sciarra si sono compattati quasi tutti i laici assieme a Mi, Unicost e la stessa corrente di centrosinistra. Una decisione osteggiata persino dalla consigliera di Md Domenica Miele e dai due indipendenti Andrea Mirenda e Roberto Fontana a fronte del rischio di «correntizzazione» delle nomine.
Il curriculum della Sciarra è indiscutibile, la sua provenienza «di sinistra» neppure, maligna un ex consigliere laico che preferisce l’anonimato e che punta il dito contro Mi: «Mettere la Sciarra alla Scuola superiore significa continuare ad avvelenare i pozzi e coltivare tra i nuovi magistrati la solita cultura delle toghe rosse che tanti danni ha fatto alla magistratura». In realtà la trattativa c’è stata, ma senza successo. Era stato lo stesso Basilico a rivelare i suoi sforzi alla ricerca di «un compromesso su nomi che dovevano convincere una pluralità di sensibilità, che per curriculum e per visione sono all’altezza della funzione». A lamentarsi del metodo non c’era soltanto il centrodestra, che ha iniziato a sentire puzza di inciucio tra i togati ma soprattutto la consigliera Md e i due indipendenti, che già dalla fine dell’anno scorso – quando la candidatura della Sciarra ha preso piede – si sono lamentati pubblicamente del metodo, senza troppi preamboli, smascherando l’esistenza di «trattative e magheggi frutto della troppa discrezionalità».
Ma sulla Sciarra pesa anche un’altra vicenda: quella della sentenza della Corte costituzionale secondo cui basterebbe evitare di iscrivere parlamentari nel registro degli indagati per poterli intercettare, scavalcando l’articolo 68, terzo comma, della Costituzione. È la sera dell’Hotel Champagne tra l’8 e il 9 maggio 2019, quella della presunta congiura da cui di fatto nacque lo scandalo Palamara che demolì mezzo Csm di allora (si dimisero i cinque consiglieri presenti Luigi Spina, Gianluigi Morlini, Paolo Criscuoli, Antonio Lepre e Corrado Cartoni). Secondo la ricostruzione dell’allora braccio destro della Sciarra Nicolò Zanon del 15 dicembre scorso, durante la presentazione del libro La Gogna di Alessandro Barbano (oggi direttore del Messaggero), la decisione della Corte di utilizzare le intercettazioni di Cosimo Ferri e Luca Lotti captate dal cellulare di Palamara e finite su Fatto, Repubblica, Corriere della Sera e Verità prima che agli atti, fu uno scandalo. Poi disse di essere stato frainteso, oggi l’orientamento giurisprudenziale è di segno opposto ma tant’è.
Piccola curiosità: qualche ora prima della decisione, la giornalista Liana Milella (che per mesi ha sponsorizzato la nomina della Sciarra alla Scuola superiore) anticipò su Repubblica.it che la Corte le avrebbe considerate inutilizzabili. La Sciarra smentì ma nel frattempo il relatore cambiò e fu Stefano Petitti di Md, una passione da ultrà all’Olimpico per la Roma, a decidere di avallarne l’utilizzo. Tu chiamale, se vuoi, coincidenze..
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