I negoziati tra Israele e Hamas proseguono a rilento dopo le ultime battute d’arresto. Tra diffidenza reciproca e distanza nei punti messi sul tavolo, le due parti non sembrano al momento essere in grado di poter giungere ad un compromesso in grado di congelare la guerra nella Striscia di Gaza e consentire la liberazione degli ostaggi. Il lavoro dei mediatori, ovvero Stati Uniti, Egitto e Qatar, va avanti anche se i tre Paesi sono stati criticati da un funzionario di Tel Aviv coinvolto nel dossier per la loro condotta. Nel frattempo le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno colpito il quartier generale del governo locale a Rafah.
Negoziati a rilento: cosa succede tra Israele e Hamas
La stampa israeliana ha citato un anonimo funzionario secondo il quale “i mediatori (Usa, Egitto e Qatar) hanno agito pienamente dalla parte di Hamas“. “Se non ci sarà un cambiamento di approccio da parte dei mediatori e di Hamas, siamo sulla buona strada per un’espansione delle attività militari a Rafah“, ha detto la stessa fonte, aggiungendo che la nuova controproposta di Hamas “è un fallimento per noi“.
Secondo quanto riportato dalla testata saudita Al Arabiya, l’accordo in questione – che era stato accettato da Hamas ma respinto da Israele – era composto da tre fasi distinte. La prima: con un un cessate il fuoco di 42 giorni, durante il quale Hamas avrebbe liberato 33 ostaggi israeliani in cambio della liberazione da parte di Tel Aviv di un certo numero di detenuti palestinesi, e un ritiro parziale delle truppe israeliane da Gaza. La seconda: altri 42 giorni di tregua accompagnati dal ripristino di una “calma sostenibile” a Gaza, ritiro completo delle Idf dalla Striscia e liberazione di altri prigionieri. La terza: la ricostruzione dei territori distrutti sotto la supervisione dei soliti mediatori (Usa, Qatar ed Egitto).
In seguito alla fumata nera, Israele ha inviato una delegazione al Cairo per partecipare ad altri negoziati. Presenti al tavolo anche esponenti del Mossad, delle forze militari e del Shin Bet che potranno ascoltare i mediatori e porre domande ma non entrare nel merito del negoziato. Delegazioni del Qatar, degli Stati Uniti, guidata dal direttore della Cia, William Burns, e di Hamas, sono da oggi in Egitto per riprendere i colloqui.
Rafah trattiene il respiro
Sul fronte la situazione rimane tesissima. Al Jazeera ha riferito che il fuoco dell’artiglieria dell’esercito israeliano ha colpito il quartier generale del governo locale a Rafah, mentre si intensificano gli attacchi nella città meridionale di Gaza.
La volontà di Israele nel proseguire con le attività militari nella Striscia è stata confermata dal ministro della Difesa, Yoav Gallant. “Andremo avanti fino a quando non elimineremo Hamas nella zona di Rafah e in tutta la Striscia di Gaza, o fino al ritorno di tutti gli ostaggi rapiti“, ha affermato incontrando le truppe.
L’operazione a Rafah è stata aspramente criticata a livello internazionale a partire dall’Onu. Il Segretario generale, Antonio Guterres, ha spiegato che un’invasione su larga scala di Rafah sarebbe “intollerabile” e avrebbe “conseguenze devastanti“. La Casa Bianca dal canto suo ha messo in luce come l’operazione sia stata “limitata” e ha ribadito la sua contrarietà a un’operazione di portata più ampia.
Le Nazioni Unite hanno infine chiesto a Israele di aprire immediatamente i valichi di Kerem Shalom e Rafah a Gaza per consentire l’ingresso degli aiuti umanitari.