L’Italia come gli Stati Uniti, ma nella loro accezione peggiore. Anche nelle nostre università sono iniziate le “acampade” degli studenti pro Palestina e l’attenzione si è fatta ancora più alta. I primi sono stati i collettivi di Bologna, che hanno occupato con le tende piazza Scaravilli per iniziare “l’intifada“. Le pretese sono sempre le stesse: puntare i piedi contro le istituzioni, universitarie e governative, per fare in modo che assecondino i loro capricci, che prendono il nome di “boicott Israele”. Nella giornata di ieri sono state montate le tende anche nel pratone de La Sapienza a Roma e nel chiostro di San Marcellino a Napoli e nei prossimi giorni anche altre università seguiranno in questa manifestazione.
“Ormai non c’è più tempo: l’università di Bologna e le istituzioni accademiche italiane devono rescindere ogni accordo con gli enti e le accademie israeliane“, dicono da piazza Scarvilli. Ma è un refrain che si ripete ovunque ci siano i finti rivoluzionari con la kefiah in testa o al collo, che giocano alla rivolta. I toni allarmistici sono il marchio di fabbrica e si ritrovano in tutti i collettivi che nascono da una certa ideologia, dai movimenti pro Palestina a quelli per l’ambiente. Dietro tutto questo c’è l’associazione dei “Giovani palestinesi”, che tira le fila degli studenti completamente permeati di un’ideologia antioccidentale.
Sono una minoranza, spesso non rappresentano nemmeno il 10% dell’intera popolazione studentesca degli atenei, ma hanno la pretesa di imporre le loro idee a tutti. Bologna ha cominciato, gli altri continuano, ma nel capoluogo emiliano si possono permettere anche gli inviti “vip”. Mercoledì, infatti, gli studenti dell’intifada pranzeranno con Patrick Zaki, a cui non sembrerà vero di tornare alla ribalta in Italia.
D’altronde, lui non è diverso da loro, anzi. Il pupillo di Fabio Fazio e della sinistra italiana, a poche ore dal brutale attacco di Hamas contro Israele, ha puntato il dito contro Benjamin Netanyahu: “Quando un serial killer cerca di convincere la comunità internazionale che rispetta le convenzioni internazionali, per legalizzare l’uccisione di civili… Dove possono andare“. Nel suo racconto per immagini non c’è stato modo di inserire le barbarie di Hamas in Israele, tutto è stato orientato dal punto di vista pro-Palestina. Niente più e niente meno di quel che fa un qualunque propagandista, o un propagandista qualunquista, ben lontano dallo studente integerrimo che la sinistra ha dipinto per anni.
“Innanzitutto sono una studente, quindi è normale appoggiare il movimento internazionale che si è creato a favore della Palestina e contro il genocidio a Gaza“. Non l’ha detto Zaki, anche se sarebbero potute essere parole sue, ma Maya Issa, presidente del movimento studenti palestinesi. Nelle sue parole c’è il senso di distorsione della realtà di questi giovani: ogni studente dovrebbe partecipare al movimento ma continuano a essere una minoranza. Hanno la velleità di ispirarsi ai movimenti degli anni Sessanta contro la guerra in Vietnam ma non si rendono conto, invece, di essere solo burattini usati da chi muove i fili e da anni tenta l’infiltrazione nella cultura occidentale.
Nei campus americani sono entrati i poliziotti e l’esercito per liberare, la speranza è che non si arrivi a certi livelli nche da noi.