“Un dito puntato sulla polizia. La risposta eccessiva e gratuita”

"Un dito puntato sulla polizia. La risposta eccessiva e gratuita"

«Matteo è distrutto. Ma si è rimesso a studiare. È veramente molto provato». Francesco Maresca, l’avvocato che difende Matteo Falcinelli, lo studente italiano picchiato dalla polizia della Florida ci aiuta a far luce sul giallo che da Miami rimbalza fino in Italia.

Come mai per alcuni mesi non si è saputo niente di questo episodio?

«Perché Matteo era in attesa di processo. La famiglia temeva ritorsioni. Abbiamo aspettato che i giudici lo ammettessero ai servizi sociali. Non abbiamo voluto dire nulla finché non siamo stati sicuri che era ammesso».

Perché lo hanno arrestato?

«Matteo aveva perduto il cellulare all’interno di un locale. Era convinto che lo avesse preso il personale all’ingresso. Ha chiesto a due agenti che erano fuori del locale di dire al personale di ridargli il telefonino. Loro hanno detto di no. Allora lui ha chiesto agli agenti di dirgli i loro nomi. Loro li hanno detti, ma lui ha pensato che non fossero i nomi veri. Allora ha voluto controllare il numero che avevano sul badge. E ha puntato il dito per indicare il badge. I poliziotti hanno interpretato questo gesto come aggressivo e da lì è partita la lite e poi l’arresto».

E a quel punto cosa gli hanno fatto? È vero che è stato sottoposto a tortura?

«Sì. È stato fermato in modo molto violento. Gettato per terra, trasportato in caserma, e poi avete visto i video? Parlano da soli».

Non si spiega il perché di tale violenza?

«No. Violenza del tutto gratuita e sproporzionata. Tutte le regole di ingaggio per la polizia, nel mondo intero, fanno riferimento alla proporzionalità, e all’uso della forza solo in caso di necessità».

Il secondo video è impressionante

«Sì, quello nel quale si vede il cosiddetto incaprettamento. Con le mani e piedi prima legati dietro la schiena e poi stretti tra loro coi lacci. Si capisce dal video che siamo in caserma e in una fase dell’arresto assolutamente tranquillo. Lontani dal momento dell’arresto. Una violenza del tutto immotivata».

La famiglia sta valutando delle denunce.

«Sì, certo. Noi agiamo in Italia per ottenere una sollecitazione agli organi inquirenti americani e poi poter procedere in Florida anche avvalendoci di avvocati americani».

E cosa volete ottenere?

«Prima di tutto i chiarimenti. Vogliamo sapere perché tre o quattro soggetti di quella stazza aggrediscono un ragazzo piuttosto minuto che infatti ha riportato diverse lesioni alla testa, alle braccia, alle mani, ai fianchi».

Il Consolato vi ha aiutato?

«Sì, è stato presente. Ora ci aspettiamo una incisiva azione rispetto alla Procura della Repubblica di Miami. Perché intervenga e svolga una indagine. Si è pronunciato anche il ministro Tajani e siamo molto contenti».

Gli americani come giustificano l’ atteggiamento della polizia?

«Contestano a Matteo la resistenza e l’opposizione non violenta all’arresto. Non hanno nessuna giustificazione».

Matteo è ancora sotto choc?

«Un trauma psicologico enorme.

Non si è ancora ripreso».

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